Nella fase delle esperienze dirette savikalpa, l’aspirante ha ancora una mente molto strutturata, piena di concetti: questo è buono, questo è sbagliato, ha modelli ideologici di riferimento. Questi concetti, che appaiono piuttosto fissi, creano le sbarre della sua prigione, cioè creano il mondo limitato così come a lui appare: è un corpo fisico, è una persona che ha difetti e abilità, dipende dalla propria storia personale, è il responsabile della proprie azioni ecc. ecc. Proprio per questo quelle esperienze sono fugaci. L’aspirante esce dall’esperienza diretta e si ritrova subito di nuovo rinchiuso nella propria personalità, che è rimasta quasi com’era prima.
Attraverso il dimorare nel Sé, che in sé è abbandono, man mano comincia a disidentificarsi dai concetti e arriva a un punto in cui si sente come vergine: senza un passato, libero da una mente strutturata da giudizi impressi da esperienze passate. Gli sembra tutto nuovo. Ha avuto una vita dolorosa? Una vita bella? È buono? È cattivo? È abile? È incapace?… Non riesce a trovare più niente di tutto questo. Non sente più di essere qualcuno e in qualche modo. Tutto è Dio, e ogni movimento è indistintamente energia divina. Interiormente non trova nessuna differenza tra questo e quello – anche se esteriormente, nella vita duale, la mente continua a discriminare, come un pilota automatico, perché questa è la legge di quel piano. Ora l’abbandono, che è l’antitesi dell’ego che vuole le cose a modo suo, diventa ancora più profondo.
Quando questo processo raggiunge un buon grado, gli si apre la porta del nirvikalpa samadhi, in cui non c’è mente. Il nirvikalpa samadhi, o sonno desto, gradualmente completa l’opera di liquidazione della mente, fino a che l’aspirante è in grado di dimorare nel Sé ininterrottamente, diventando il sostrato immutabile su cui si alternano gli stati di veglia, sogno e sonno profondo. È il sahaja nirvikalpa samadhi, la realizzazione.
Che viaggio meraviglioso!