Quando non si è in grado di vedere che l’esperienza del mondo relativo non è separata da noi, si cade nella trappola di legarsi alle esperienze spirituali realizzate durante la meditazione. Mettiamo che in meditazione avete vissuto una pace immutabile e trascendentale. Uscite dalla meditazione e volete mantenerla. Ma dato che le esperienze mutano, non vi riuscite; anzi diventate furiosi col vigile che vi ha fatto la multa. Allora confliggete con tutto ciò che succede fuori dalla meditazione pensando che vi porti via dal Sé. È perché avete confuso un’esperienza relativa (la pace intoccabile e trascendentale) con l’identità col Sé.
L’identità con il Sé è una ‘comprensione’ non un sentimento.
Io Sono Quello (So Ham), inesplicabile e indicibile. Sono ciò che supporta tutti gli stati senza essere nessuno di loro.
Krishna disse ad Arjuna che era Quello, e dato che si era in guerra, lo esortò ad andare a sventrare i suoi parenti in battaglia.
Essere nell’identità del Sé, cioè nella propria vera identità, genera sentimenti sattvici, ma questi sono comunque soggetti a mutare. Ciò che non muta è l’identità: Io sono il Sé! Io sono Quello! L’identità è una comprensione che deve diventare irreversibile. Quando diventa irreversibile, ossia quando non perdete più quell’identità, quella è la Realizzazione.
Per questo ho ricevuto il nome Soham (Io Sono Quello). Pensate che mi ricordi che mi chiamo Soham? Per niente. Ma sono sempre in Quello, che me ne ricordi o no.