Sri Ramana Maharshi, discorso 174
D. – “Esistono due metodi per scoprire la sorgente dell’ego?”.
M. – Non esistono due sorgenti né due metodi. Vi è una sola sorgente ed un solo metodo.
D. – Qual è allora la differenza fra meditazione e l’indagine sul Sé [“Chi sono io?”]?
M. – La meditazione è possibile solo mantenendo l’ego. Vi è l’ego e l’oggetto sul quale si medita. Si tratta dunque di un metodo indiretto. Il Sé invece è unico. Cercando l’ego, cioè la sua sorgente, l’ego scompare. Ciò che resta è il Sé. Questo è il metodo diretto.
D. – Allora cosa devo fare?
M. – Rimanete aggrappato al Sé.
D. – Come?
M. – Anche adesso siete il Sé. State però confondendo la coscienza dell’ego con la Coscienza Assoluta. Questa falsa identificazione è dovuta all’ignoranza, che sparirà insieme all’ego. Uccidere l’ego è la sola cosa da fare. La realizzazione c’è già. Non è necessario alcuno sforzo per ottenere la realizzazione, perché non è qualcosa di esterno, qualcosa di nuovo. Esiste sempre ed ovunque, qui ed ora.
Commento di Soham
Rimanere aggrappato al Sé sul piano pratico significa che l’aspirante, una volta conosciuto il Sé, deve sforzarsi di rimanere sempre nell’identità e nel punto di vista del Sé. Tutto il Capitolo 26 della Ribhu Gita, tanto caro a Sri Ramana, è un’esortazione in tal senso. Tale sforzo si traduce in un flusso di costante concentrazione che deve diventare ininterrotto. Ed è proprio tale concentrazione con sforzo che si trasmuta nello stato naturale senza sforzo, il sahaja samadhi. Esso continuerà ad espandersi all’infinito, anche dopo la realizzazione, talora generando qualche siddhi (potere) che serve al maestro per aiutare gli allievi. La distrazione? “La distrazione è morte”, dice Ramana Maharshi.
Dal canto loro le vasana (spinte mentali) tenderanno ad impedire il costante permanere nel Sé, soprattutto all’inizio, ma se l’aspirante persevera, alla fine Trionferà.
[Vedi anche: Ramana Maharshi, “Chi sono io?” (Nan Yar?)]