Volevo spiegarvi l’origine del Nirvana Shatakam. Dopo che Shankara, bambino di 8 anni, ebbe il permesso dalla madre di diventare un sannyasin (rinunciante)… Conoscete le circostanze in cui Shankara ebbe questo permesso? La madre non voleva concederlo perché era vedova e temeva di non aver nessuno che avrebbe celebrato i riti funebri alla sua morte, in quanto i sannyasin non possono farlo. Una volta andarono al fiume per le abluzioni e Shankara fu afferrato al piede da un coccodrillo che cominciò a trascinarlo al fondo. Il bambino gridò alla madre di concedergli il permesso al sannyasin che si dà in punto di morte. A quel punto la madre lo concesse, Shankara recitò la formula che lo consacrava sannyasin, e il coccodrillo mollò subito la presa e scomparve nel fiume. Shankara risalì a riva illeso e promise alla madre che si sarebbe comunque occupato della cremazione della sua salma e dei riti ad essa connessi (anche sulla sepoltura della madre c’è una storia rocambolesca, ma la rimandiamo a un’altra volta).
Consacrato sannyasin Shankara si mise in cerca di un Maestro. Lo trovò in Swami Govindapada, presso l’eremo di Badrikashram. Govindapada era stato allievo di Shuka, che a sua volta fu allievo diretto di Guru Gaudapada, il fondatore dell’Advaita Vedanta. Quando Shankara chiese al Maestro di diventare suo allievo, Govindapada gli chiese: “Chi sei tu?”. Allora Shankara, in risposta recitò all’istante queste fantastiche sei strofe, che furono subito conosciute col nome di Nirvana Shatakam, che vuol dire ‘Il Nirvana In Sei Strofe’.
Govindapada insegnò a Shankara la filosofia dell’Advaita Vedanta. Quando l’allievo compi 12 anni, il Maestro gli disse di andare a Kashi. Qui Shankara iniziò a comporre i suoi famosi commentari sul Brahma Sutra, le Upanishad e la Bhagavad Gita, che completò dopo quattro anni, cioè all’età di soli 16 anni. Questi risultarono così profondi che parecchi altri studiosi e saggi li commentarono a loro volta. I commentari e le altre opere di Shankara conferirono completamento alla filosofia dell’Advaita Vedanta, che era stata soltanto accennata dal fondatore Guru Gaudapada.
Adi Shankara di sicuro fu un’incarnazione del Signore Shiva.
Avvertenza – Nel video Thea cambia la tradizione dell’ultima frase di ciascuna delle sei strofe. Shankara dice “Shivoham, Shivoham”, che significa “Io Sono Shiva, Io Sono Shiva”. Thea invece traduce “Io Sono Vivo, Io Sono Vivo”.