quello che i praticanti di neti-neti non capiscono di noi

Quello che non capiscono di noi i praticanti di neti-neti, quelli della scuola di Nisargadatta, Siddharameshwar ecc., è che Turiya è un samadhi, non una conoscenza intellettuale tratta da qualche esperienza del Sé temporanea che poi hai conservato nella memoria come una cartolina che ti sei comprata in vacanza.

Essendo un samadhi, turiya è guidato dall’intelligenza divina, la Shakti. Quando turiya ha eroso i concetti, si tramuta naturalmente in turiyatita, l’oltre turiya.

Eppure ai seguaci di neti-neti il sospetto dovrebbe venire dalla devozione che Nisargadatta ha tributato a Ramana Maharshi, che pure parlava solo di conoscenza del Sé; invece sembra che rimangano ancorati agli specifici vocabolari delle loro scuole. Nisargadatta non ha mai confutato Shankara e le Upanishad. Quando un visitatore citava tali fonti, diceva laconico: “Lascia perdere Shankara e le Upanishad. Parlami di te, di cosa tu hai capito”. Sapeva benissimo che diversamente sarebbe caduto nella trappola di una disputa concettuale. La Verità è prima dei concetti, una mappa è forse il territorio?