Il Sé è assenza di desiderio. La vera Libertà è assenza di desiderio.
Chi ha una mente impura non se n’avvede perché è compulsivamente legato ai desideri come un tossicodipendente al suo stupefacente, ma chi ha praticato una via spirituale e si è reso conto dell’effimerità del mondo fenomenico e dei corpi, può avere anche dei desideri però comprende che sono forzature allo stato naturale.
La Libertà dell’Essere, da cui deriva somma beatitudine, è che non è costretto da nessuna spinta, da nessuno sforzo: è in quiete, in pace, la pace eterna, è bastevole a Sé stesso.
Lo afferma anche il Rishi Patanjali nel secondo versetto degli Aforismi sullo Yoga: “Yogas citta vritti nirodhah”, lo Yoga, vale a dire lo stato unitivo che è il Sé, è la cessazione delle spinte mentali. Le spinte mentali sono i desideri, dunque la Liberazione non è altro che Libertà dai desideri!
Non vi sto invitando alla via della soppressione dei desideri. Certo, se si proviene da una condotta barbara, quando si studia il dharma (la condotta etica) sarà necessaria una certa autodisciplina, ma la rinuncia fruttuosa, che conduce alla Liberazione, è rinuncia al peggio per il meglio, e il meglio è la vostra vera natura assoluta. Perciò il mio invito è di conoscere tale vera natura, innamorarvene e lasciare che sia la sua fulgida Gloria a distaccarvi dagli attaccamenti a dolore e miseria.
Avendo compreso questo, l’aspirante maturo non insegue desideri, e desiderio è anche non volere qualcosa, il che implica desiderare qualcos’altro. Egli rimane quieto in ogni momento, abbandonato all’unico desiderio virtuoso di fondersi nell’ ‘oceano’del Sé, desiderio che sparisce quando trova appagamento.
Non pensate che una tale persona debba somigliare necessariamente a una mummia. Desideri come ‘voglio un gelato al limone’, ‘una giornata al mare’ ecc. sono fluttuazioni dell’energia, che non legano se non v’è attaccamento. “Vorrei un gelato!”… Ma se non c’è va bene così. Si accetta l’esperienza che si presenta così com’è.
Praticando in questo modo, prima o poi ci si rende conto che noi stessi siamo l’esperienza, che l’esperienza non è separata da noi. Allora l’esperienza perde la carica e la connotazione specifica che la differenziavano e si fonde nell’Esperienza Unica del proprio Vero Sé. Questa è l’Esperienza per antonomasia cui si riferisce Ramana, questo è il samadhi, lo stato unitivo, lo Yoga che indica Patanjali nel versetto 2.
Desiderate molte esperienze diverse e non siete soddisfatti. Il Liberato ha solo e sempre l’esperienza del Sé ed è sommamente appagato 😘