L’assorbimento nel veggente (il Sé) è lo stato naturale del realizzato, e avviene dunque senza sforzo. Il termine esatto dovrebbe essere ‘percipiente’, ma ‘veggente’ è assai più bello e intuitivo. L’aspirante dev’essere consapevole che l’unica Realtà è il Veggente, tutto il resto è illusione; ma tale consapevolezza non deve rimanere una mera nozione duale dell’ego, deve invece tradursi in un moto continuo di assorbimento nel Veggente. Solo allora darà risultati. Questo sforzo iniziale, si traduce nel realizzato nell’assorbimento naturale e continuo nel veggente.
Il veggente viene spesso anche chiamato ‘testimone’, ma il termine è meno puro perché induce all’idea che il Sé abbia una funzione testimoniale, cosa che non è.
Di seguito il discorso 469 di Sri Ramana Maharshi che indica chiaramente che il veggente è il Sé. I commenti tra parentesi quadre sono miei.
* * *
Discorso 469.
Yogi Ramiah chiese: “Un aspirante che desidera l’illuminazione avvicina un maestro. Il maestro gli dice che Brahman non ha qualità, né macchie, né movimento, ma in tal modo non parla come individuo? Se il maestro non parlasse così, come potrebbe essere spazzata via l’ignoranza dall’aspirante? Le parole che il maestro pronuncia come individuo equivalgono alla Verità?
M.: A chi dovrebbe parlare il maestro? Chi istruisce? Il maestro vede forse qualcuno diverso dal Sé?
[Qui l’interrogante, essendo identificato col corpo, crede che un maestro che parla come una persona comune debba necessariamente farlo dal punto di vista dell’individuo. Invece, come abbiamo visto nei post precedenti, il maestro che è diventato uno col Sé non parla più dal punto di vista dell’ego, è il Sé che gli suggerisce le parole. Egli dunque rimane nella non-azione]
D.: Ma il discepolo chiede chiarimenti al maestro.
M.: Vero, ma il maestro lo vede diverso da sé? L’ignoranza del discepolo consiste nel non sapere che tutti sono realizzati. Può esistere qualcuno separato dal Sé? Il maestro indica semplicemente che l’ignoranza sta lì, e quindi non rimane separato come individuo.
Cos’è la Realizzazione? È forse vedere Dio con quattro mani, che porta la conchiglia, la ruota, la mazza? Anche se Dio apparisse in quella forma, in che modo potrebbe spazzare via l’ignoranza del discepolo? La Verità è eterna realizzazione. La percezione diretta è Esperienza sempre presente. Dio stesso viene conosciuto solo se percepito direttamente. Perciò non significa che Egli appaia al devoto come detto sopra. Se la Realizzazione non fosse eterna non servirebbe a nessuno scopo utile. Può l’apparizione di una forma a quattro mani essere la realizzazione eterna? È fenomenica e illusoria. Ci dev’essere un veggente. Solo il veggente è reale ed eterno.
Se Dio apparisse come la luce di un milione di soli, sarebbe percezione diretta? Per vederlo sarebbero necessari gli occhi, la mente ecc. È conoscenza indiretta, mentre il veggente è esperienza diretta. Solo il veggente è esperienza diretta.
[Sri Ramana dice: “il veggente è esperienza diretta” perché dà per scontato l’assorbimento nel veggente (samadhi). Dice: “Solo il veggente è esperienza diretta” perché è possibile lo stato unitivo – l’esperienza diretta – solo col veggente (il Sé), non con gli oggetti illusori (mentali e fisici) del mondo. È vero che nel savikalpa samadhi compaiono gli oggetti del mondo, ma sono tutti della stessa natura del Sé, non diversi e separati dal Sé.
L’aggettivo ‘diretto’ indica che l’esperienza non avviene tramite i sensi e la mente (esperienza indiretta), ma direttamente tramite identità. L’io separato e il Sé diventano uno, e si ha l’esperienza diretta, che Ramana indica col solo termine ‘Esperienza’].
Tutte le altre percezioni sono solo conoscenza secondaria. L’attuale sovrapposizione dell’idea che il corpo sia l’ ‘Io’ è così radicata che si considera esperienza diretta la visione che appare davanti agli occhi, ma non il veggente stesso.
[…]