D: Ho riflettuto molto su questa cosa del corpo e del Sé.
Io ho avuto molti problemi con il corpo, anche come retaggio di vite precedenti e impressioni genealogiche; questo mi ha portato alla professione infermieristica e in seguito alle discipline olistiche. Ho lavorato a lungo e sono arrivata ad avere un buon rapporto con il corpo, come strumento di yoga.
Poi sono di nuovo crollata, per vari motivi che non sto ad elencare.
Ultimamente, procedendo nella pratica di autoindagine, la volontà e l’ego sono andati via via sbiadendo e una delle conseguenze è stato un naufragio del corpo e in seguito una spinta ad occuparmene nuovamente.
Questa spinta apparentemente confligge con gli insegnamenti di Sri Ramana. Sto leggendo “Sii ciò che sei”, nel quale molto spesso viene ripetuto quanto sia falsa e fuorviante questa identificazione col corpo, e capisco come individui elevati come Sri Ramana possano ignorarlo completamente. Come dicevi tu: “Hai mal di denti? Stai nel Sé”.
Alla fine di questa mia riflessione sono giunta a questa conclusione: il corpo è un po’ come la mente. È vero che quella col corpo è un’identificazione falsa e fuorviante, ma è anche vero che ci sono diversi livelli di ‘sprofondare nel Sé’.
È come il mind clearing. è vero che il mind clearing da un certo punto in poi non è più necessario, finché addirittura arriva anche a non esistere più la mente, ma è anche vero che nelle prime fasi dell’autoindagine, per chi ha la mente un poco ‘ingombrante’ (come ero io) il mind clearing è l’unico mezzo per permettere all’individuo di procedere verso di Sé.
Ecco: stamane pensavo che per il corpo è un po’ la stessa cosa: è vero che noi non siamo il corpo, che è solo uno strumento (come la mente) e che a un certo grado di realizzazione uno può anche non occuparsene più, passare indifferente anche in mezzo alle malattie più dolorose, però forse come per la mente anche per il corpo ci sono diversi gradi; forse, quando il corpo per vari motivi ha molte tossine fisiche, emozionali o mentali, è necessario occuparsene in una certa misura, fare un ‘body clearing’, in modo che non intralci il lavoro verso il Sé.
Poi, probabilmente, a un certo punto, quando il corpo è libero in una certa misura da tossine zavorranti e la realizzazione del Sé è profonda e stabile, allora andrà da sé il non occuparsene più.
Cosa ne pensi di questi miei ragionamenti?
R: È una conclusione più che ragionevole.
Fin quando si è identificati con l’ego, si ha bisogno della pratica dell’autoindagine. Per far questo è auspicabile che si abbiano meno problemi possibili, perciò una buona salute e uno stile di vita il più equilibrato possibile sono aiuti alla sadhana (come dice Lucia). Ma anche, in questo caso, va ricordato che un ardente aspirante alla realizzazione supera anche questi ostacoli.
Se però l’ego non c’è più o si è vistosamente indebolito e l’aspirante entra e esce spontaneamente nel Sé come nel nirvikalpa, cosa succede?
Nessuna parola o locuzione sostituisce così perfettamente la parola ‘realizzazione’ come ‘Totale Abbandono’ – come correttamente hai visto tu!
Quando tu entri nel totale abbandono, che succede? L’io separato e avversivo sparisce; questo io separato nasce proprio per difendersi, ma quando tu dici ‘Sì’ a tutto, che possibilità ha di sopravvivere? Come potrà mantenere quella membrana illusoria che gli fa dire “questo sono io e quest’altro non sono io”? Impossibile! La mente si ferma, il pensiero cessa, nessuna possibilità che sorga una domanda… di chi a chi?… Quanta ragione aveva Sri Ramana quando rispose “Se tu fossi veramente abbandonato non faresti domande?”. Si entra nel Silenzio.
Da quello stato è impossibile prendersi cura del proprio corpo che è un’emanazione della propria mente. C’è bisogno che lo facciano altri e che spingano ‘energicamente’ a fartene prendere quel minimo di cura. Allora lo fai, d’altronde sei abbandonato, no? Altrimenti non lo puoi più fare. Non puoi più utilizzare la volontà dell’ego per prenderti cura del corpo. Questa è la realtà.