— Amato, pratico come sai da tanti anni, un percorso di gioie e dolori. Spesso di fuga da ciò che la realtà mi poneva dinnanzi.
L’obiettivo di raggiungere una cosa chiamata illuminazione che avrebbe avuto lo scopo di innalzarmi affrancandomi dalle responsabilità e paure e creare un superuomo al di là di ogni miseria umana è naufragato per fortuna dopo e grazie ad anni di ricerca e lavoro.
Ora la comprensione è chiara, perdere e perdersi per ritrovarsi, in una apparente ed incessante creazione dal nulla al nulla. Nessun testimone, solo vita che si genera.
Qui è emerso un mio sentire, o meglio il sentirmi inadeguato, inadatto a lasciarmi essere, a fondermi con la creazione che è amore. Sento un piccolo bambino che sente di non aver diritto all’amore, alla felicità. Profondamente questo senso originale di colpa, di inadeguatezza, di non meritare è la barriera che probabilmente ancora mi spinge ad essere un qualcuno in cerca di.
Come faccio a fondermi ed accettare ed abbandonarmi ad un amore infinito se sento di non meritarlo?
Perdona questo sfogo, avevo piacere di condividere con te.
— La soluzione è “GRAZIE!”.
Nelle vie di jnana molti credono che la realizzazione sia solo un questione di conoscenza. La realizzazione è ABBANDONO! Se l’aspirante non realizza il TOTALE ABBANDONO può al massimo raggiungere lo stato di nirvikalpa samadhi, entrare e uscire nel/dal Sé senza sforzo, ma non il sahaja, lo stato naturale, la realizzazione definitiva e irreversibile senza ritorno. Uno strascico di ego rimarrà sempre in lui. Ciò che elimina anche l’ultima impronta di ego è l’Abbandono.
Come si fa a realizzare questo Abbandono?
Dì GRAZIE al DIVINO per tutto quello che viene verso di te. Quando verso di te viene dolore, fisico o emozionale, insisti a ringraziare il DIVINO, come un mantra, ma consapevole, non ripetuto meccanicamente. Dì: “Tu sai quello che è giusto e bene, io non lo so” e insisti a ringraziarLo per quello che ti arriva.
Lascia che l’albero della pratica cresca per dare i suoi frutti. Devi formarti! Devi forgiare la mente a quest’approccio. L’abitudine deve diventare così forte da funzionare anche nei momenti più drammatici, così che se ti crocifiggono non dirai “Padre, perché mi hai abbandonato?”, ma “GRAZIE! Tu sai quello che è giusto e bene, non io”.
Dice Roberta: “La sofferenza cancella ogni asperità egoica. Molti dicono che sia la GRAZIA in azione”. Ma per saperla accettare è necessario molto Abbandono. Quando ad esempio il dolore fisico diventa intenso, la stimolazione è così forte che è difficile mantenere il distacco. Allora, anche se sei in nirvikalpa, ti ritrovi nella tua illusoria identità personale che annaspa per cercare un modo per uscire da quel dolore. Non puoi avere successo senza la preparazione che ti ho detto.
Perciò coltiva con perseveranza questa pratica, lascia che si irrobustisca e che lavori per te.
Praticando, questo GRAZIE si estende a tutte le aree della vita: tue limitazioni, sensi di colpa, torti che hai ricevuto, esperienze passate presenti e future, paure di questo e di quello ecc.
E quando la pratica diventa matura, scompare ogni senso di personalità e di individualità. Un unico flusso si stabilisce tra la tua mente e la mente Divina, e nel completo abbandono riconosci che sei Quello. Non più dualità, completo silenzio interiore, la tua forma si muove secondo il volere della mente divina, nessuna azione dettata dall’ego.
Questa è la vera devozione al Guru. Questo è il fondersi col Guru. Per questo chi manca di rispetto al Guru non può fruire della GRAZIA e tantomeno insegnare. Quelli che veramente hanno amore e gratitudine e accettazione nel loro cuore, sono umili e deferenti verso Guru e il suo insegnamento.
La pratica di questo GRAZIE mi è stata ispirata da Fabrizio Torre a cui va il mio GRAZIE.