D: Non sono erudita nelle scritture e trovo che il metodo dell’autoindagine sia troppo difficile per me. Sono una donna con sette figli e molte preoccupazioni familiari che mi lasciano poco tempo per la meditazione. Chiedo a Bhagavan di darmi qualche metodo più semplice per me.
R: Non è necessaria nessuna erudizione né conoscenza delle scritture per conoscere il Sé poiché nessun uomo ha bisogno di uno specchio per vedere se stesso. Tutta la conoscenza richiesta dev’essere alla fine abbandonata come non-Sé.
Il lavoro familiare e le preoccupazioni per i bambini non sono necessariamente un ostacolo. Se non puoi fare nulla di più, almeno continua a ripetere mentalmente a te stessa “io, io”, come viene consigliato in ‘Chi sono io?’.
Se si pensa incessantemente “io, io” ciò condurrà al il Sé. Continua a ripeterlo qualunque lavoro tu faccia, sia che tu sia seduta, in piedi o stia camminando.
‘Io’ è il nome di Dio. È il primo ed il più grande di tutti i mantra. Persino la OM gli è secondo.
[Sii Ciò Che Sei. L’Insegnamento di Sri Ramana Maharshi]
NOTA DI SERGIO:
Dedicato a quegli amici che ritengono che meditare sull’IO sia di livello inferiore che meditare sulla parla Sé. La parola Sé deriva da un’elaborazione intellettuale, è la traduzione della parola io in versione impersonale. La parla IO è l’esperienza viva di ognuno. Se la penetrate con perseveranza, il falso io individuale sparisce e si arriva all’esperienza diretta (e non il concetto) del Sé. Se si attiva l’autoindagine sulla parala Sé si rischia una pratica meramente mentale. Ovvio che chi conosce bene il Sé possa chiamarlo in qualsiasi modo, ma questo non vale per gli aspiranti che mancano di solide esperienze dirette non-duali. Gesù dice: «Prima di Abramo ‘IO SONO’!».