Sergio: — Pensando al suicidio in genere si pensa a una forzatura, a una decisione dell’ego. Invece può anche darsi che sia la volontà di Dio. Ci avete mai pensato?
L.: — Si è una modalità di uscita dal corpo.
R.: — Come dice Lucia può essere una modalità di uscita dal corpo, ma con una totale identificazione in quel corpo-mente, nei suoi insuccessi, nei suoi dolori e con un auto giudizio di totale condanna.
Mi rimane il dubbio che nel momento della morte possa accadere la Grazia di un risveglio e in quel caso si riveli la volontà di Dio di avere scelto, per quell’anima, una via ‘diretta’, che non contempla un ritorno nel ciclo di vita.
Sergio: — Avete ragione, non mi sono spiegato. Io parlavo del caso di un realizzato. Egli non si identifica nel corpo, si trova in una situazione in cui il corpo non ha possibilità di sopravvivere e parimenti non ha possibilità di andare attraverso un lungo periodo di agonia. La jnani potrebbe sentire che Dio autorizza di dismettere quel corpo anzitempo, e fa questo senza alterazioni emotive, senza desiderare che il corpo sopravviva o muoia, non un pensiero ad agitare la sua mente. Questa potrebbe essere una situazione in cui il suicido non è determinato da un ego.
F.: — Visto che l’amore si fa manifesto per potersi amare (non è una bella frase ma chi ha esperienza di Sé sa che è così), non credo che la morte possa nascere dalla stessa ‘volontà’.
L.: — Ma avviene quando è il momento. Yogananda sapeva di dover lasciare il corpo il 7 marzo. Gesù sapeva pure quando doveva lasciare il corpo. Credo che un illuminati può anche sparire come è accaduto ad Eraclito.
Sergio: — I poteri non sono l’illuminazione. Alcuni realizzati ne hanno, altri no. Il primo potere è riconoscere/essere il Sé. Poi vi sono alcune facoltà legate alla realizzazione. Una di queste è sapere cosa vuole Dio. Avete notato la sicurezza di Roberta? Ci possono essere degli equivoci sulle parole, ma lei di base sa cos’è Sé e cosa non lo è.
F.: — Finché i fili d’erba cresceranno verso la luce, la Vita non potrà manifestare atti anticonservativi.
Sergio: — Fili d’erba sulla Terra ne crescono eppure la Vita, come tu dici, include la morte. Se fosse soltanto conservativa (Vishnù), nessuna forma morirebbe mai. Dio manifesto è creazione, conservazione e distruzione. Bisognava insistere molto perché Sri Ramana si alimentasse. Manifestava atti anti-conservativi?
F.: — la morte c’è solo la dove appare la conoscenza e la conoscenza è pro vita… Così appare a me.
Sergio (leggendo coscienza anziché conoscenza): — Era giusto il tuo commento di ieri: la morte appare quando c’è la falsa coscienza dell’ego. La coscienza universale non è né pro né contro. Però è giusta una cosa che i tuoi commenti mettono in luce: il realizzato è in uno stato di devozione e sente di servire. Non gli apparirebbe mai di mettere fine a un corpo che il Divino ha creato. Ma vi sono delle circostanze in cui questo è possibile. Una volta il luogo dove di Sri Ramana avrebbe dato da lì a poco un Satsanga fu invaso da formiche. Sri Ramana ordinò ad Annamalai di prendere della malta è chiudere il buco da dove fuoriuscivano. Annamalai rimase paralizzato perché così facendo avrebbe ucciso parecchie formiche. Allora Sri Ramana lo sollecitò energicamente, dicendogli: “Chi compie l’azione”. Intendendo che Annamalai doveva solo prestare la propria mano alla volontà di Dio che aveva già ucciso quelle formiche. Un insegnamento chiaro in tal senso lo dà la Bhagavad Gita quando Krishna esorta Arjuna a sventrare con la spada i suoi parenti. Gli ‘atti’ li compie l’ego, nella sua illusione, che nasce dall’ignoranza, di essere l’agente. Tutto il resto è volontà di Dio, cioè Amore, anche se è l’esplosione di un vulcano, anche se dall’esterno sembra che lo jnani agisca.
F.: — Se gli atti li compie l’ego allora la risposta è che il suicidio non è opera di Dio, quando invece opera Dio non ci può essere la questione del suicidio.
Sergio: — Perfetto!!! Ma dall’esterno può sembrare che qualcuno si sia suicidato.
R.: — La paura della morte non esiste per il Sé.
Il Sé non registra niente, quindi è detto che non ha occhi perché senza la mente le immagini non si attaccano. Non è sfiorato da niente, né dal bene né dal male.
Si può anche dire che tutto va come deve andare, ma ogni progetto è sempre una questione relativa.
Ciò che siamo non è toccato dal dolore, ma fin quando lo strumento del corpo mente è in vita, appare quel tipo di energia a cui diamo il nome di dolore.
La forma non è reale, è soltanto la mente che si specchia. Noi siamo testimoni del tempo che fa credere alla morte: niente muore mai.
Quando si è fatta esperienza diretta del DIVINO, si funziona apparentemente nel mondo come gli altri, ma con una consapevolezza assolutamente chiara e serena, senza paura di nulla.
In fondo, nel nostro cuore è cosi per tutti, ma tale Realtà per alcuni è ancora apparentemente eclissata dal lila (il sogno divino).
Il tempo è morte continua, e il tempo è nella mente, la morte è vista dalla mente: la mente è la morte!
Al di fuori della mente c’è la vera vita intoccata anche dal tempo.
Ad un certo punto senza un perché si svela il gioco.
La vera comprensione è un mistero: accade in un lampo ma è eterna e inamovibile.