È una bellissima lettera e tanto chiara.
Più difficile per me cercare di esserlo altrettanto nella risposta, tanto questa è semplice e allo stesso tempo assolutamente non evidente a quasi tutti.
A un certo punto, riferendoti ai tuoi progressi spirituali, dici: “me la sono raccontata”…
Non te la sei raccontata. Anche quando si è un aspirante avanzato, finché resta anche l’ultimo aggancio all’illusione si può tornare a star male come uno che non ha mai praticato: “il mio senso di inutilità e di incapacità, la frustrazione che mi porto dentro da sempre…”.
Leggendo la tua lettera – ti invito a rileggerla – compare chiaro in tutto lo scritto il senso di dualità. Tu parli da un punto di vista focalizzato dell’oceano delle ‘altre’ onde di cui fai esperienza, interiormente ed esteriormente. MA SEI TUTTO TU! Tu sei l’oceano, e ci sei solo tu; di cosa stai parlando?
La domanda retorica non è di biasimo, serve a mette in luce un punto essenziale, il salto definitivo e ultimo, che nessuno sa quando quella specifica anima (jiva) si sentirà di fare.
Il punto è: per quanto sei avanti, per quante esperienze spirituali hai avuto e per quanto facilmente le raggiungi, tu credi ancora che il film, Matrix, esista e abbia un qualche significato. C’è ancora un oggetto per te e dunque dualità: “torno a casa e la mia percezione di me e dell’universo rimane sempre la stessa”. Congratulazioni per la chiarezza
Detta al rovescio, dal punto di vista dell’individuo percipiente: NON SEI ANCORA MORTA.
È bello anche quando dici: “si aggiunge un senso di inutilità cosmica – non c’è niente al mondo che abbia un senso, un significato che meriti di essere sottolineato – e di Vuoto senza alcuna gioia o senso di Dio”.
È straordinaria la chiarezza della tua espressione; comprendi cosa stai dicendo? Tu sei nella situazione di chi ha visto la vacuità dell’esistenza ma la ritiene ancora reale e per questo vi rimane attaccato.
Non devi purificare 1000 vite che peraltro non esistono, devi solo accettare che il mondo non esiste, per niente. Lucille enfatizza molto che il mondo è il Sé, e io lo traduco perché lo ritengo utile, ma non è il mio punto di vista. Per me che sono più anziano in età anagrafica non esiste nessun mondo, e adesso che nella famiglia spirituale ci sono altri che possono dare aiuto spirituale a chi lo desidera, non ho più nessuna spinta a insegnare; forse cambierà, forse no, per adesso è così.
La mia visione delle cose è la seguente: vedo movimenti all’interno di me, ma sono sempre io, non c’è ‘altro’; mentre tu assumi un punto di vista individuato da cui ti relazioni con quel che ti appare, di conseguenza, altro da te.
Ma così non hai spento il gioco, e questo ti impedisce di immergerti nel Sé, nel samadhi, nell’Unità e di vivere la grazia, la beatitudine.
Il consiglio che mi sento di darti è di controllare quando scivoli nella modalità duale, dove ci sei tu come persona (in qualche modo, in una certa misura, anche minima), e rientrare nella posizione che i movimenti sono solo fenomeni al tuo interno, che ci sei solo tu. Questo significa anche “RINUNCIARE A DIFENDERSI”, sennò lo farebbero tutti. Puoi rinunciare a difenderti e lasciare che madre Shakti si prenda cura del film? Puoi abbandonarti e abbandonare la persona? Se non ci riesci sai che la sofferenza ti porterà, in questa vita o in un’altra, al punto che ti sentirai di farlo.
Io ho l’immagine di un maestro sufi, Upasani Maharaj, che esprime quel che ho detto. C’è l’ho impressa nella mente. La condivido con te.
Sei nel mio cuore.