In una “celebrazione del Sé”, se posso chiamare così un ritiro di autoindagine/Darshan, forse non è lecito parlare di persone, però non potrò non ricordare senza commozione la generosità umile di maestri e conduttori, la discreta e preziosa assistente Silvana, il loro impegno incessante e infaticabile nell’aiutare noi praticanti più o meno principianti o avanzati: Cristina che ascoltava tutti, Sergio che correva di qua e di là a dare suggerimenti a più non posso “come se non ci fosse un domani” …. e in effetti non c’è un domani nella ricerca del Sé. E poi Angela, Sara e Marco: altri focolai di Darshan mescolati fra noi in diade.
Roberta e Sergio mi diranno che è invece altra cosa, che è il Divino che si manifesta, e sì, va bene, lo accetto, però mi piace pensare che alla mia parte umana verranno sempre le lacrime agli occhi nel ricordare voi tutti e quello che ‘avete fatto’.
Per la mia pratica c’è stato un passaggio: quando sabato sera sono andato da Cristina a dirle che ero bloccato nella freddezza, sfiducia e svogliatezza, e che non aveva senso che stessi lì in quel modo, lei mi ha detto di abbandonarmi a quegli stati e sentimenti che per me erano non-sentimenti, di amare anche loro. Era l’ultima diade e non c’era più tempo, ma la cosa è maturata nella notte, che, interrotta dal solito risveglio precoce e depresso per la sottile ansia di non farcela a vivere, mi ha fatto comprendere che quello a cui dovevo abbandonarmi era la paura, paura per tutto, paura per qualcosa che non conosco, ma di cui conosco (non sempre) i suoi travestimenti: ieri sfiducia e svogliatezza, altre volte orgoglio o pigrizia o depressione o altro. E così la domenica è iniziata col pianto da solo nel bagno e proseguita con quelli nelle diadi del mattino. Accogliere la paura ha aperto la via ad altro: ho iniziato finalmente a provare a stare nella consapevolezza, cosa che non avevo mai fatto perché frenato dal considerare la mia consapevolezza troppo labile, per cui mi ‘accontentavo’ di avvicinare vagamente un vago senso di presenza e poi tornavo indietro convinto di non poter andare oltre. Da domenica pomeriggio ho iniziato a stare in quel senso di consapevolezza che mi sembrava di aver notato e a farlo e rifarlo senza curarmi neanche delle mie auto-critiche ai tentativi che facevo… Quante volte Sergio Sara e Marco mi avranno detto di provare e riprovare, di tentare e sbagliare ma poi ritentare ancora… non l’avevo mai fatto!!! Ho sentito che lascia anche un certo gusto gradevole: fatto il tentativo, a prescindere dal risultato, resta un certo piacere di averci provato, così mi sembra.
È successo altro anche nel temuto ritorno a casa, ma per ora chiudo qui.
Vi abbraccio tutti