sabija e nirbija samadhi

Il Samadhi è lo stato di unione in cui l’io individuale cessa di essere e si fonde nell’UNO. È la meta più ambita da qualsiasi via spirituale oltre la quale c’è solo la liberazione definitiva. Né più soggetto né oggetto, solo l’UNO. In questo stato non sono possibili dubbi, incertezze, autoanalisi; vi fossero si ricadrebbe nella dualità.

Vi sono due tipi di samadhi. Nello yoga di Patanjali vengono chiamati sabija e nirbija, nell’Advaita Vedanta: turiya e turiyatita.

Nel sabija ci sono ancora considerazioni, tipo “meraviglia delle meraviglie, tutte le cose hanno la natura di Buddha”. Il nirbija è più puro e non c’è pensiero. Non essendoci pensiero è difficile descriverlo, posso tentare con una metafora…

È una giornata scura e piovosa. Prendete l’aereo, forate le nuvole e vi ritrovate nell’azzurro illuminato dal sole più splendente… Passare la nuvole significa che andate oltre la mente, oltre il pensiero. Che c’è lì? Innanzitutto c’è che avete improvvisamente spento il film di Matrix: non c’è più nessunissima storia, né personale né infinita. L’universo non è mai apparso, non c’è nemmeno il ricordo… E poi, e qui viene il difficile, c’è pura coscienza luminosa (luminosa in senso metaforico, potere avere sensazione di luce oppure no). C’è così tanta quiete e niente mente che sicuramente è coscienza, ma non si preoccupa di saperlo…

Un esempio di nirbija è il sonno profondo cosciente di Anna che ho postato qualche giorno fa: “entravo subito in uno stato di sonno profondo senza sogni ma consapevole. Sono rimasta in quel nulla, fino al risveglio”.

Le scritture dicono che anche nel nirbija vi sono ancora impressioni latenti che non si manifestano. Ecco perché occorre un certo tempo di nirbija samadhi per conseguire la liberazione definitiva. Il Rishi Vasistha dice: “Dopo alcuni anni di sonno desto (di immersione nel nirbija), lo jnani realizza moksha, la liberazione”.