A. — Caro Sergio, per quanto desideri non recarti altro disturbo, sono assillato negli ultimi giorni da un quesito di proporzioni gigantesche. Ultimamente sto vivendo lunghe pause di silenzio mentale. Non di rado capita che io venga addirittura assorbito da esso.
Sergio — È una grande, grande conquista spirituale!!!
A. — Tuttavia quando rifletto su questo Nulla perenne entro in crisi. È l’eternità senza alcuna connotazione di gioia o amore. Come si può desiderare una simile fine?
Sergio — È un punto di vista dovuto al fatto che sei identificato con le relazioni e interrelazioni della molteplicità. Ma quando il tuo corpo morirà ti troverai piuttosto a disagio. Per prima cosa ti imbatterai nel Nulla che descrivi, ma non sarai in grado di riconoscerlo come la tua vera natura, anzi lo rifuggirai, e così cadrai nel sogno, nell’immaginario che si concluderà in una nuova incarnazione.
Il Nulla che a te mette in crisi è la mia meta suprema; tutto ad esso ho consacrato e consacro. Questo Nulla pone in evidenza, se ti dai un po’ di tempo, che solo tu esisti come supremo Parabrahman, che sei sempre esistito e sempre esisterai, che la perdita del corpo o qualsiasi altra perdita non potranno minimamente scalfirti. Allora i desideri, che sono le vere catene, gradualmente scompaiono. Da ciò nasce una Pace indicibile che nessun a mente umana è in grado di comprendere. Ottenuta la Pace Suprema ora tu conosci l’antidoto alla sofferenza del mondo. Da qui nascono amore e servizio agli esseri senzienti, ma tale servizio può manifestarsi nei modi più diversi, anche invisibili.
Devi aver fede nelle Scritture e nel Maestro e darti tempo per conoscere tutto ciò. Quando affrontai la ‘Divina commedia’ e ‘I Promessi Sposi’ alle medie li giudicai illeggibili e noiosi, oggi non la penso di certo così.
A. — Quella che dovrebbe essere una realizzazione io la vedo, per quanto filtrata dalla mente, come una prigione eterna. Allora mi chiedo: non dovrei, per realizzarmi appieno, attendere che in me sorgano i sentimenti di amore e gioia per poi sovrapporli a questo eterno silenzio?
Sergio — Devi avere un Maestro e seguire le sue indicazioni. Se hai scelto me come maestro, ti dico: continua così senza bloccare questo processo coi pregiudizi della tua mente e tienimi informato.
A. — Non so perché ma mi vengono in mente, a tal proposito, i Santi. Non dovrei raggiungere prima uno stato di Santità per poi, solo dopo, tuffarmi in questo eterno Nulla? In un tuo vecchio articolo (Il Sé è come la luce di un proiettore – gennaio 2013) hai scritto tra le altre cose: “La consapevolezza porta alla comprensione che siamo al di là di tutto e che questo tutto è apparenza, e perciò il mondo viene riassorbito nel Nulla. A volte prevale l’Amore, a volte il Nulla…”. Ora il punto è proprio questo: tra l’Amore ed il Nulla vi è una differenza abissale. Vi è qualcosa che io devo fare prima di insediarmi nell’Assoluto?
Sergio — L’Assoluto o Parabrahman è la realizzazione suprema. Il tuo disagio è dovuto al fatto che non ti sei dato abbastanza tempo per conoscere la tua realizzazione. L’Amore scaturisce da questo Assoluto senza ragione, o meglio, senza che sia necessario un contesto ideologico per motivarlo. Un attimo prima sei assorbito in Shiva, poi ti chiama qualcuno e sei invaso dall’amore puro.
A. — Es.: attendere che Kundalini abbia esaurito il suo Lavoro?.
Sergio — Ahah… La realizzazione che hai avuto ‘È’ Il lavoro di Kundalini! Chi meglio di Lei sa?
A. — E se, per assurdo, dovessi realizzare il Sé nelle mie condizioni attuali, privo di gioia, amore, pace, assumendo psicofarmaci, non in castità: non cambierebbe nulla? Sarei ugualmente Realizzato a tutti gli effetti?
Sergio — Tu sei prima delle condizioni psicofisiche, prima del DNA, prima della struttura del tuo sistema nervoso, prima delle tue condizioni relazionali, prima delle condizioni economiche. Le condizioni possono creare difficoltà nella sadhana (pratica spirituale), ma se insisti arrivi al Sé – che è prima di qualsiasi condizione – in qualsiasi condizione.
A. — Vi è poi un altro dubbio. Mi pare di ricordare che tu abbia scritto che Kundalini ha la funzione di riparare il corpo eterico e quello causale. Nisargadatta Maharaj, nel testo “Io Sono Il Non Nato”, afferma che il dimorare nel Sé dissolverebbe i corpi sottili. Come conciliare tale apparente contraddizione? Rispondimi, se puoi, con tutta calma. Ti ringrazio per la tua disponibilità.
Sergio — Il Sé dissolve il corpo fisico e quelli sottili, che non sono altro che un’idea. Questo dal punto di vista della consapevolezza interiore, ma fin quando il corpo fisico è ancora in vita i corpi continuano ad esistere esteriormente. Infatti tu hai realizzato il Nulla, ma poi mi hai scritto, no?
Per rispondere alla tua domanda devi capire che il vissuto interiore e quel che si presenta all’esterno sono due cose diverse. Ad esempio, interiormente sai che ci sei solo tu, o che tutto è UNO, ma esteriormente discrimini, ma il fatto che discrimini, non intacca la tua consapevolezza interiore che invece non discrimina. Mi comprendi?
In questo senso, la pace è il profondissimo rilassamento prodotti dal samadhi rigenerano e purificano i corpi.
A. — Ti terrò aggiornato. Un caro abbraccio.
A.
A. (replica) — Sergio GRAZIE. Sei riuscito a rassicurarmi enormemente. Come tu hai saggiamente spiegato c’è questo silenzio interiore che incomincia a prevalere sul caos esterno. Adesso attendo che il resto venga da sé.
Commento di Roberta: — La mente appare in crisi perché entra in un vortice per cercare di comprendere l’incomprensibile. Definisce il nulla bello per riposare, oppure brutto per paura di perdersi.