Al Ritiro ho avuto da un certo punto e fino alla fine una condizione di mente placata e di benessere fisico.
La mattina del secondo giorno: come nel ritiro precedente, la crisi della seconda notte è stata come uno spartiacque che ha cambiato il corso delle cose. Al risveglio mi risuonavano ancora le parole forti che Sara aveva detto a un aspirante, fermo da tempo in una condizione di stallo; e mi sembrava quasi che mi ammonisse anche Bob Dylan col suo incipit “How many times …. ?”: seduto sul letto, prima ancora di alzarmi, mi dicevo “Quante altre volte? …. Quanti ritiri ancora voglio fare (prima di lasciare andare tutto)? Mi sono alzato e, scendendo in sala per la prima diade, mi sono sentito camminare come mai prima, sentivo nitido ogni passo e non sentivo più quel commento mentale insistente che mi accompagna sempre; ero un po’ claudicante, per il corpo non ancora sgranchito e riuscivo a distinguere ogni sensazione, dolorino o risentimento di piedi e gambe, eppure mi sembrava fosse camminata più bella della mia vita. Quel momento e l’immagine dei miei piedi in movimento, ritornavano insistentemente nelle diadi; poi in dokusan, anche con l’aiuto dei maestri, sono arrivato a realizzare che quel momento è stato un momento di contatto con il Sé. Riportandovi l’attenzione potevo percepire che io, come persona, in quel momento non c’ero, ero sola Presenza, senza separazione, senza percipiente e percepito. Da allora in poi, il ritiro è stato beatitudine e di questo ringrazio Sara, Sergio e Paola.
Un caro abbraccio a tutti.
n.v.