RITIRO LUNGO – REPORT 5

Giovedì sera, già nella prima diade, ho sentito attivarsi il punto tra le sopracciglia e un grande abbandono all’amore che sento per il gruppo, il maestro, il luogo. Di notte però è cominciata un’ossessione che non mi ha più lasciato per tutto il ritiro: sentire una canzone nella testa, peraltro orribile… Ho fatto sogni confusi che avevano un tema comune: dovevo riordinare il mio appartamento e c’erano mobili da spostare e pavimenti da pulire. In un altro dovevo pulire il pavimento di una grande piazza. In ogni sogno era presente mio padre ed in uno lo abbracciavo dicendogli che era tanto che non lo facevo e che forse non l’avevo mai fatto con amore.

Nelle diadi c’è stato quasi sempre silenzio, salvo nei momenti in cui arrivava la canzone, e per la prima volta da quando partecipo non sono emersi ricordi dolorosi e sfoghi emozionali.

Non arrivava comunque nessuna esperienza diretta o sensazione di fusione e così ho cominciato a giudicare la mia pratica e a sentirmi come un pescatore che non prende mai pesci. Il secondo giorno si è consumato in questa crisi, accresciuta dalle letture di Renato che evidenziavano la complessità del pensiero advaita e il paradosso della ricerca che si serve della mente per comprendere verità che solo trascendendola possono arrivare.

In quei caldi pomeriggi assolati di Valle Gervasio la mente ha trovato la scorciatoia più facile: la ricerca non è adatta a me, sto dedicando tempo ad ottenere risultati altamente improbabili.

Dopo la condivisione dei miei dubbi con un’aspirante avanzata ho ritrovato motivazione e l’ultima mattina ho sentito quasi ininterrottamente silenzio, fusione con l’IO e abbandono. La testa crollava verso le gambe e dopo il gong, come ti ho già scritto, facevo fatica a riemergere per dare il koan al partner.

Quello era per me l’inizio del quarto giorno e ho capito quanto sia importante la durata del ritiro per viverne al massimo i benefici.

Ancora grazie a Renato, Sara, Annalisa e a tutti i compagni di viaggio.