Probabilmente pochissimi – o nessuno – comprenderanno questo post, ma a quei pochi che lo comprenderanno potrà essere assai utile.
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Qui non parlo di realizzazioni parziali e temporanee, ma della vera Realizzazione: quando si diventa definitivamente Pura Coscienza e non si decade più da là.
Quando diventi Pura Coscienza tu sei Uno con tutto, e parallelamente, poiché sei Uno nell’essenza e non nell’aspetto fenomenico, sei anche l’Osservatore immutabile, inalterabile, che resta immacolato di fronte ai moti della Shakti (l’energia creativa), cioè del mondo fenomenico. Tu non confliggi più con niente, perché per diventare Coscienza Pura e Osservatore Immutabile, tu hai abbandonato l’azione, e quando abbandoni l’azione, tutto è perfetto così com’è.
Ma il rimanere inalterato, distaccato di fronte ai movimenti di Shakti, vale anche per il mondo interiore. Se emergono dalla tua forma delle spinte adharmiche (non etiche), tu semplicemente dici: “Questo non sono io”, e mentre una persona ordinaria configgerebbe con questa e quell’altra spinta adharmica che emerga dalla propria psiche, tu le vedi benevolo rimani nell’armonia fuori dal conflitto, perché quelle spinte non sei tu. Come ho detto, hai abbandonato l’azione e l’identità di ‘io agente’, e quindi TUTTO È PERFETTO COSÌ COM’È, incluse le spinte adharmiche che possono emergere dalla tua psiche.
A questo punto si aprono i problemi.
Mettiamo che nella mia psiche vi siano dei problemi con la figura materna. La mia psiche li proietta su Annapurna e io comincia a trattarla male. Allora Annapurna cerca di servirmi di più e meglio aspettandosi un riconoscimento congruente, non dico per il suo ego, ma per allineare la sua relazione con me; ma io continuo a trattarla con arroganza e a ferirla. Annapurna mi chiede più volte un chiarimento per avere comprensione con me, e io rispondo che non c’è niente da chiarire perché sono il Sé e il Sé è sempre perfetto. Alla fine Annapurna si esaspera, mi telefona, e mi chiede perché l’ho criticata l’ennesima volta per aver fatto la pasta al ragù di soia quando sono stato proprio io a chiederglielo. Io le sbatto il telefono in faccia e asserisco: “Non mi scuso perché è stata lei ad aggredirmi” (???). Cioè stabilisco io le regole del gioco, cos’è dharmico e cosa non lo è, secondo il mio sentire.
Perché mi comporto così? Perché non vedo più le espressioni della mia forma come azioni dharmiche o adharmiche, sono tutte indistintamente moti spontanei della Shakti che non mi coinvolgono. Quindi, se gli altri sono feriti, sono loro a disturbare, perché io non ferisco nessuno (anche quando ferisco)…
Queste sono le conseguenze estreme dell’approccio di considerarsi non più responsabili per quel che fa la propria forma. Ma ve ne sono altre di livello minore. Molti maestri, ad esempio, lasciano che il loro corpo faccia quello che vuole, tanto loro non sono il corpo: se vuole fumare, fuma; se vuole bere alcol, beve alcol; se vuole far sesso, fa sesso ecc. ecc.
Cosa si può dire a questo tipo di realizzati?… Fratello, hai appeso il cappello al chiodo! Ti sei fermato. Devi vedere non solo dove è arrivata la tua realizzazione, ma DOVE NON È ANCORA ARRIVATA!!! Questo è quello che hanno fatto i Santi e i Maestri Perfetti!
Sei devoto di un Maestro Perfetto? Prendilo ad esempio!!! È allora vedrai che puoi andare ancora più in profondità, che forse il fumare nasconde una vasana (desiderio, attaccamento) che puoi dissolvere – lo Dzogchen accoglie qualsiasi spinta emerga da dentro, ma non la porta a compimento sul piano fisico, lascia che si autodissolva nella pura coscienza. E se ferisco gli altri, forse come Sé non sono coinvolto, ma il karma negativo colpirà la mia forma, allora vedremo se sono veramente indifferente, e se è proprio uguale per me stare al tepore del sole o sotto la pioggia battente…
Comprendete com’è difficile aiutare qualcuno a questo livello? Comprendete la complessità della situazione e la possibile trappola? Se la comprendete sarete vaccinati.
Io lo trovo uno studio molto interessante. Chi aveva mai sentito parlare di queste cose? Sfatano un po’ l’idea che l’illuminato sia sempre sinonimo di affidabilità. Per me erano inaudite, fin quando le ho sperimentate direttamente dalla parte della vittima. Allora ho cominciato ha studiare il fenomeno per amore di conoscenza. Ho studiato direttamente il mio caso e ho trovato la classificazione che vi ho esposto solo da Aurobindo. Aurobindo non dice che quelli che si fermano alla realizzazione della pura coscienza non siano realizzati; dice solo che ve ne sono altri che non si accontentano. Del nostro gruppo, di quelli che non si accontentano, in prima fila c’è Fabrizio. Egli non si accontenta della sua realizzazione profonda, vuole servire! Perciò tiene sempre sotto sorveglianza la sua condotta. Sulla stessa linea c’è Marco. Io invece, non avessi vissuto questa esperienza e sperimentato le discrasie del caso, mi sarei accontentato. Sono stato vaccinato: Sia Grazia a Dio!
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Fabrizio replica: — Diveniamo pienamente coscienti della bambola di sale per poi correre nell’oceano… Non sia mai che un granello di sale rimanga sul sentiero [detto ironicamente ad indicare il valore di prendersi cura del dharma nella vita] ❤
Sergio: — Cum grano salis…
[‘cum grano salis’ fu un’espressione usata da Plinio il Vecchio per indicare un antidoto che funzionava soltanto se preso con un grano di sale; in seguito acquistò il significato “con un po’ di buon senso”. Io penso che oltre alla realizzazione dovremmo ‘impegnarci’ a curare quel grano di sale, cioè il Dharma (nel senso di etica) nella vita. Mi associo alla visione di Ramakrishna che rispose “Sputo sul tuo dharma” a uno Jnani che sosteneva che, non essendo il corpo, lasciava che il corpo soddisfacesse tutti i desideri che voleva. Io spingo a che gli aspiranti alla liberazione aspirino anche al Dharma nella vita].
MEA CULPA! Io per primo sono stato un cattivo esempio con i miei modi spesso rudi. Basta!! Oggi le mie priorità sono due: la Liberazione spirituale e il Dharma nella vita. Non val la pena essere nati e vivere con altri senza che vi sia l’armonia l’attenzione la gentilezza e l’amorevolezza di relazioni dharmiche tra di noi. Un insegnante spirituale che non insegni il Dharma col suo esempio diretto non è un maestro. Questa la mia presente consapevolezza e risoluzione.