Un illuminato che non abbia raggiunto la perfetta illuminazione, può credere di averla raggiunta, e così, facendosi prendere dall’esaltazione del suo stato, credere ingenuamente ed erroneamente di stare agendo dallo stato di illuminazione.
Egli crede di non esserci più come io agente, di essere il puro testimone, e che quindi tutte le azioni che avvengono attraverso la sua forma provengano da Shakti.
Shakti è l’energia divina auto-intelligente, il Sé in azione; dunque le azioni di Shakti sono sempre Grazia, anche se da un punto di vista umano può non sembrare così. Prakriti invece è la natura relativa, ed è ignorante, e le sue azioni sono il prodotto di meccanismi di attrazione e avversione.
Come fa l’illuminato, reale o presunto, che crede di non avere più un ego a sapere se le sue azioni sono state veramente dettate da Shakti o se invece provengono da prakriti?
L’antidoto:
Nello stato unitivo non c’è né attaccamento né avversione, siete d’accordo?
Il realizzato, o presunto tale, dovrebbe chiedersi: quando ho agito in quel tale modo, c’erano attaccamento o avversione a generare quell’azione? Dovrebbe fare un’indagine scrupolosa e onesta, perché se c’erano, quello che è capitato è che non se n’è accorto!! Avete capito il punto della questione? Non se n’è accorto… Non se n’è accorge per due motivi: 1. perché è preso dall’esaltazione del suo stato, e quindi c’è un pizzico di arroganza; 2. perché si tratta di attaccamenti e avversioni sottili che si mascherano più facilmente, ma un’autoindagine scrupolosa li rileverà senza alcun dubbio.
Nello Dzogchen si dice: il presunto realizzato perde lo stato unitivo, ma non se ne accorge; e in quel momento, che può essere anche molto breve, si attiva una catena di azioni che provengono da prakriti, la natura inferiore, ma lui le scambia per azioni di Shakti.
Se non è arrogante, con l’antidoto che ho suggerito dovrebbe accorgersene e quindi far meglio. Se invece è arrogante sarà la legge del karma a fargli da maestro.
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