Quando il Sé viene finalmente scoperto, la Realtà Divina si ritrova ospite di una struttura corpo-mente predisposta a difendersi e configgere. Il Divino rimane allora isolato, e può talora manifestarsi solamente al’interno del ‘laboratorio’ della meditazione formale e dei Ritiri.
La gioia incontenibile del Sé spinge però l’aspirante a volerla estendere a tutti gli ambiti dell’esistenza; ma per far questo la struttura corpo-mente deve mutare. A tale scopo ho cominciato a lavorare con l’amore affidando ai meditanti koan tipo: “Ama ciò che appare nella tua coscienza”, “Riconosci il Divino in tutto ciò che ti appare” ecc.
Di questa serie, il koan più puro, e a mia avviso il più potente, è “Dì Grazie”. Mentre “Ama…” e “Riconosci…” contengono ancora un’intenzione, “Dì Grazie” è privo di qualsiasi samkalpa (intenzione): è puro abbandono.
L’aspirante dovrebbe praticarlo continuamente nella vita, verso qualsiasi cosa gli appaia: brutta o bella, dolorosa o piacevole. Con la pratica appassionata i concetti duali e avversivi di ‘brutto’ e ‘doloroso’ vengono trascesi e tutto si trasforma in pura Grazia!
È solo in questo contesto che può prevalere e stabilirsi l’Amore, altrimenti le parole di Gesù: “Perdona il tuo nemico e Ama il tuo persecutore” rimarranno incomprensibili e impraticabili.
Il gioco, Amati, è fatto così: da un lato tutto nella vita suggerisce che gli altri siano assai difficili da amare ed è quindi consigliabile ritirarsi nel proprio lasciando andare un po’ l’amore solo in casi molto particolari; dall’altro per trascendere la valle delle lacrime è trionfare nel Divino dovete amare incondizionatamente – esattamente così come fa Dio –, e non appena chiudete il vostro cuore entrate immediatamente in coma spirituale.
Dunque, Amati, vi invito a iniziare (o continuare) questo processo di trasformazione “Dicendo Grazie” ininterrottamente.
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