Giorgio: — Maestro, stanotte ho sognato che stavo guidando un’auto e ad un certo punto finiva la strada. C’era una nebbia gialla ed oltre a quella non c’era più niente. Non potevo più andare avanti e tornare non aveva senso. Poi ho capito che era un sogno e mi sono svegliato. Da quasi tutto il giorno c’è una sorta di depressione in me. Qualcosa che mi dice che niente ha un senso, non c’è uno scopo, niente traguardi ne ambizioni e comunque posso costruire solo castelli di sabbia perché prima o poi tutto scomparirà.
Sergio: — Rossella, come devo fare con questo Giorgio? Ha avuto questo sogno della realizzazione, ma non l’ha capito. Blame! Tu cosa ne pensi?
Rossella: — Infatti, mi pare proprio un bel sogno! Ha finito di percorrere una strada e non ha senso andare avanti né tornare indietro. Deve solo restare lì. Lo stato depressivo è dovuto alla improvvisa scomparsa delle illusioni.
Sergio: — Bravissima Rossella, congratulazioni. Ora datemi il tempo di scrivere…
Sergio dopo un po’ di minuti: — Il testimone ha una implicita funzione ‘neti’ (io non sono questo).
Ponendoti nella posizione del testimone come pratica spirituale, ti accorgi che tutto quello che testimoni non sei tu.
Ma non puoi neanche percepire te stesso come oggetto della conoscenza, in quanto sei tu stesso la conoscenza.
Scartando l’illusione, allora cosa resta? Resta il testimone e nient’altro.
E quando dormi e sei incoscienze e quindi il testimone non compare?
Tu non puoi vedere i tuoi occhi, però ti accorgi del vedere. Allo stesso modo non lo puoi vedere il Sé ma ti accorgi del testimone. Scartando tutta l’illusione attraverso la pratica assidua del testimone, tu capisci che ci sei sempre, anche quando sei incosciente nel sonno. L’incoscienza non è che un altro stato illusorio e nulla più.
Comprendendo che il mondo non esiste, hai reciso il nodo della mente e del corpo, che è un prodotto della mente.
Ricordo una donna che andò da Nisargadatta; disse: “Ho fatto il tale Ritiro e ho visto che non esiste niente”. E Nisargadatta: “Esatto, e allora?”. “Adesso cosa devo fare?”. “Vedo che hai vista che non c’è niente però tu ci sei ancora!” rispose Nisargadatta.
Nel tuo caso è diverso. Per te il niente – o sogno o illusione – include il corpo, la mente, l’ego e Giorgio come persona. Ora c’è solo da abbandonarsi alla Verità.
Tu sei Quello, in sanscrito Tat. Perché i saggi usano questo pronome relativo? Perché Chi sei è indefinibile in quanto è oltre i concetti. Puoi definirti, ma solo in negativo: non sono questo, non sono quello…
Rileggi lo Yoga Vasistha e poi dimmi se vi sono ancora dubbi su chi sei.
Intanto per mantenere salda la consapevolezza di Te, ad ogni apparenza ricorda a te stesso “Io non sono questo”.
Io non ho più sentito il bisogno di cercare, ma ho continuato la pratica come prima, per dimorare nel Sé che per me è essere costantemente consapevole che sono Quello. Ho assunto un po’ la posizione di Michael Langford. Quando Langford si realizzò disse a se stesso: “Chi mi garantisce che non sia nel Kevala Nirvikalpa (temporaneo) e non nel Sahaja?” e continuò a praticare. Poi, dopo un anno disse che aveva passato manonasa e che la sua realizzazione era definitiva, senza ritorno. Ma è tutta una cosa sua. Lui aveva postulato che si dovesse passare Manonasa con gran paura e così è avvenuto per lui, ma non per tutti avviene così. Una volta Nisargadatta presagì che da lì a poco sarebbe arrivato uno jnani. Dopo un po’ entrò un ragazzo occidentale con la sua fidanzata. La fidanzata fece delle domande, ma Nisargadatta rispose “Non voglio parlare con te, queste domande rivolgile a lui che saprà rispondere. Io voglio parlare con lui”. E rivolgendosi al giovane: “Dicono che quando c’è la realizzazione bisogna andare attraverso una gran paura della morte, tu che cosa ne pensi?”. Il giovane attese un po’ e poi disse: “Perché perder tempo con cose inesistenti?”. Nisargadatta rise e la cosa si concluse lì.
Facci conoscere il tuo sentire, adesso e nei prossimi giorni. Rileggi lo Yoga Vasistha e ricorda neti-neti a te stesso ma senza sforzarti.
San Giorgio e il drago