— Caro Sergio, nel tuo post ‘Il Corpo Divino’ dici: “Tutte le Realizzazioni di alto livello includono la possibilità di assumere un corpo divino”. Esistono allora realizzazione di basso e medio livello? E perché?
— Perché gli aspiranti si accontentano e si dichiarano realizzati troppo presto.
Ti faccio un esempio. Un sadhaka mi scrive: “Caro Sergio, osservare che ogni cosa che appare alla coscienza, sia del mondo interno che del mondo esterno, sono io, mi apre il cuore e acquieta la mente. Inoltre tu dici che andrebbe fatto 24 ore al giorno e ho realizzato che pur non riuscendo a misurare quantitativamente il mio essere testimone e sicuramente non accade tutto il giorno, tuttavia è come se lo fossi, cioè senza un concetto di tempo, io so di essere la Coscienza”. Chi scrive è un sadhaka serio e non pensa di aver concluso, ma non pochi direbbero di essere ormai realizzati. Essi argomenterebbero: “Sì, nel sonno sono incosciente, ma anche lo stato di incoscienza avviene dentro di me che sono Pura Coscienza, altrimenti come saprei di essere stato incosciente? Anche se nel sonno sono incosciente io sento che ci sono sempre e che sono Pura Coscienza”. Alcuni di questi scrivono libri e spiegano la loro realizzazione, ma se sono incoscienti nel sonno non me li vedo proprio muoversi a loro piacimento in tutti i mondi, assumere differenti corpi, e conferire la Grazia ad altri…
Swami Kripalvananda sprofondava nel nirbija samadhi (lo stato senza concetti) molte ore al giorno, non era forse illuminato? Eppure dichiarò: “Se non realizzerò il corpo divino consideratemi un semplice sadhaka”. Nello Dzogchen la realizzazione si completa nel Trek-Chod, ma essi considerano che la realizzazione includa il corpo luce e perciò continuano col Tod-Gal, la pratica che porta all’ottenimento del corpo luce. Se leggete la biografia di Sri Atmananda, vedrete che aveva allievi in grado di contattarlo sul piano sottile; uno di questi, che viveva lontano sull’Himalaya, gli chiese telepaticamente il permesso di abbandonare il corpo e l’ottenne; non parlava certo di un suicidio ordinario, egli era in grado di decidere quando il prana dovesse abbandonare il corpo.
Mi viene in mente il brusco dialogo tra Sri Ramakrishna e un sedicente jnani. Quest’ultimo diceva: “Io faccio l’amore e lascio che il corpo mangi ciò che vuole, tanto so di non essere il corpo”, e Ramakrishna rispose secco “Sputo sul tuo dharma!”.
Ecco perché esistono ‘realizzazioni’ di basso e medio livello. Sono di sadhaka di modeste aspirazioni. Ma come si fa a porre limiti a Dio?