sadhana della volontà e abbandono al Divono

Io sto presentando una sadhana della volontà, anche perché la maggior parte delle persone che lavorano con me in questo momento hanno bisogno di questo. Ma c’è anche la sadhana dell’abbandono, che in pratica è una non-sadhana: tutto quello che avviene è perfetto e va bene così, perché è espressione di Dio.

Succede però che alcuni vedono aspiranti molto avanzati che descrivono l’abbandono a Dio, e si dicono: “Perché fare tutto questo sforzo? Io mi abbandono e non devo fare niente”, e così trovano una giustificazione per mantenere intatte le loro vasana.

Swami Kripalvananda insegnava: se non si è completata la sadhana della volontà, non si sarà in grado di completare l’abbandono. Questo vi è chiaro? Lo spiego in parole più semplici: se ti abbandoni prima di aver completato la sadhana della volontà, per alcuni minuti al giorno, quando proprio tutto va bene, sarai abbandonato a Dio, per il resto della giornata, inclusa la notte, sarai abbandonato alle vasana, cioè alla mente, e non avrai fatto molti progressi, o addirittura nessuno, come più spesso capita… Bisogna essere onesti con sé stessi.

Alcuni aspiranti molto elevati che mi scrivono sono nel profondo abbandono al Divino. Possono leggermi, forse trarre ispirazione da qualcosa, ma a loro non è più possibile una sadhana della volontà, sarebbe una regressione netta. In realtà, anche se lo volessero, non è a loro più possibile praticare una sadhana della volontà

Vi sono però fasi intermedie in cui è già apparso l’abbandono ed è ancora proficuo fare della purificazione con la volontà. In questo caso però l’aspirante vede che progredisce.

In realtà, abbandono al Divino, non significa affatto non compiere sforzi e stare stravaccati; uno potrebbe non compiere sforzi in obbedienza al proprio ego. Abbandono al Divino significa che non senti più di essere l’io-agente. E se senti di dover compiere uno sforzo, vivi che quell’input nasce dal Potere Superiore a cui sei abbandonato, non dal tuo ego.