Il savikalpa è il primo samadhi che sperimentano gli aspiranti, ed è perché essi credono ancora fermamente che la creazione sia vera. In un aspirante avanzato il savikalpa si giustifica quando egli è ad occhi aperti e la sua forma sta agendo nel mondo, ma in meditazione dovrebbe dimorare naturalmente nel nirvikalpa.
Il problema è che molti aspiranti non riescono a individuare il Vero Io astratto, privo di attributi, se non quello della Soggettività, e di riferimenti alla persona – Sri Ramana lo chiama l’Io-Io; Sri Atmananda lo chiama il Principio-Io. Quando essi chiudono gli occhi e cercano l’io, appare loro un io con immagini o sentimenti che riportano alla sua persona. No! Non è quello il vostro oggetto di meditazione. Dovete risalire a un Io astratto, senza attributi né collegamenti alla persona, e nel contempo sentire che quello siete voi. È in questo Io astratto che dovete immergervi e fondervi.
Andatevi a rivedere l’esperienza che ebbe Sri Ramana a 16 anni. Sentì di stare per morire. Accettò l’esperienza e vi si immerse [vedi ‘Stai nel momento presente così com’è’]. Era così immedesimato, che si distese a terra come se fosse morto. Sentì di essere morto e di aver perso tutto. Scoprì allora che c’era un Io eterno e immutabile che non veniva toccato dalla morte, né da alcunché, e non si mosse mai più da lì; la sua sadhana durò in tutto due ore. Pensate che quell’Io fosse cangiato di riferimenti alla sua persona e al corpo fisico? Certamente no. È questo Io che dovete individuare, se no che meditazione fate? In cosa vi immergete?
Per inciso:
Il savikalpa è un samadhi con percezione di oggetti; nel nirvikalpa non c’è nessun oggetto, incluso il corpo; c’è solo la coscienza che si fonde nella coscienza.
Nel celebre libro “Sii ciò che sei” a cura di David Godman, nel capitolo ‘Samadhi’ si trova la seguente classificazione: il savikalpa è con sforzo, il nirvikalpa e senza sforzo ma discontinuo, il sahaja è senza sforzo e ininterrotto. Non è l’unica classificazione che Sri Ramana ha dato, e a mio avviso non è la migliore. Vi suggerisco quest’altra classificazione: il savikalpa è con percezione di oggetti (e quindi c’è ancora mente, anche se si tratta di uno stato unitivo); il nirvikalpa e senza percezione di oggetti, quindi non vi sono modificazioni della coscienza, cioè la mente è ferma; nel sahaja l’identità con la mente è stata sciolta, perciò non c’è ritorno. Chi è in sahaja, cioè nello stato naturale, può avere stati di savikalpa alternati a stati di nirvikalpa. Nei ‘Colloqui’, alla domanda: “Lei è nel samadhi?”, Sri Ramana risponde: “Quando sono ad occhi aperti sono nel savikalpa; quando sono ad occhi chiusi sono nel nirvikalpa”. Vedete dunque che il sahaja è sovraordinato agli altri samadhi, non è il semplice 3° samadhi della lista, è lo sfondo immutabile su cui tutti gli altri stati, samadhi inclusi, appaiono, transitano e tramontano.
Sri Ramana dice pure che il Jivanmukti, il liberato mentre il corpo è in vita, può compiere azioni mentre è in nirvikalpa. Significa che le compie non consapevole del corpo e del mondo come un sonnambulo, con la differenza che egli è nel sahaja samadhi immerso nel Sé, mentre il sonnambulo è nell’incoscienza-ignoranza.