la paura di divenire inabili a gestire la propria vita dopo la realizzazione

Quasi tutti gli aspiranti che si avvicinano alla liberazione e che hanno responsabilità sociali (figli, famiglia, lavoro) hanno paura di diventare incapaci a mandare avanti la propria vita, e ciò si traduce in una resistenza più o meno inconscia alla liberazione.

Questa paura nasce dagli assorbimenti che gli aspiranti sperimentano in meditazione: il nirvikalpa samadhi, in cui si perde la consapevolezza del corpo e del mondo, e i rapimenti nella beatitudine, che ha quasi lo stesso effetto. La paura viene inoltre confermata da molte storie che raccontano di aspiranti che, ottenuta la realizzazione, sono diventati incapaci persino a nutrirsi e hanno avuto bisogno di essere assistiti.

Toglietevi dalla testa che venite assorbiti e perdete consapevolezza del corpo e del mondo senza che vi siano le condizioni perché ciò avvenga. Non esiste che viaggiate a 130 all’ora in autostrada e improvvisamente venite colti dal nirvikalpa, come da un colpo di sonno, o dalla beatitudine, come da una sbronza, e vi schiantate da qualche parte.

BEATITUDINE E NIRVIKALPA AVVENGONO QUANDO CE N’È LA POSSIBILITÀ.

Una mia amica, che quando è da sola a casa viene rapita dalla beatitudine, mi raccontava che quando va al lavoro la beatitudine scende ‘spontaneamente’ a una soglia che le permette una buona operatività. Non appena lascia il lavoro, viene nuovamente riassorbita.

Ciò che avviene nella realtà è UNA SPONTANEA AUTOREGOLAZIONE DEGLI STATI DI ASSORBIMENTO.

Ora esaminiamo qualche caso di realizzati che hanno dovuto essere assistiti.

Sri Swami Lakshmana si realizzò ai piedi di Ramana; cadde subito in un profondo nirvikalpa, inconsapevole di corpo e mondo, e Ramana chiese a un suo aiutante di assisterlo. Se voi leggete la sua biografia, “Non Sono la Mente, Sono il Sé”, scritta da David Godman, vedrete che era un aspirante estremo, un rinunciante totale. Quando Lakshmana ottenne la realizzazione non aveva responsabilità sociali, e sul piano della disposizione psicologica a lui andava bene abbandonare il corpo, non gliene importava niente. Capite perché ha dovuto essere assistito? Quelli che devono essere assistiti sono realizzati cui non importa che il loro corpo resti in vita.

Sri Atmananda (Krishna Menon) era procuratore federale della repubblica indiana e sovrintendente della polizia. Il suo biografo racconta che a volte perdeva la consapevolezza del corpo e la moglie doveva imboccarlo. MA QUESTO ACCADEVA DI DOMENICA! Perché Sri Atmananda non ha mai mancato un giorno di lavoro. Montava a cavallo passando in rassegna il corpo di polizia. Per stare in sella doveva pur avercela un po’ di consapevolezza del corpo…

Vediamo ora il caso di Sri Ramakrishna che perse il lavoro a causa dei suoi assorbimenti nella beatitudine. Il giovane Ramakrishna era un bramino e fu assunto per officiare le cerimonie religiose, ma durante le cerimonie entrava in estasi così che queste duravano il triplo del tempo convenzionale. Per questa ragione perse il posto. Ramakrishna era un single, pensate che gliene importasse qualcosa di perdere il posto se la condizione per mantenerlo era rinunciare all’estasi dell’unione con Dio durante le cerimonie religiose e rinunciare altresì ad offrire ai partecipanti il darshan del Divino?

Se Ramakrishna avesse dovuto salvare la vita a una persona sarebbe ben uscito dall’assorbimento nella beatitudine. Per comprendere questo dovete considerare che il realizzato è sempre nel Sé (sahaja samadhi), e su questa immutabile base si alternano stati di maggiore o minore assorbimento.