Il nirvikalpa samadhi la fase che precede la definitiva realizzazione che culmina nel sahaja samadhi.
Ramana dice che l’aspirante che è nel nirvikalpa entra nel Sé senza sforzo, ma è discontinuo, cioè ne esce, non vi rimane per sempre, ininterrottamente. Ramana dice anche che lo sforzo può essere necessario fino all’ultimo, fino a che il nirvikalpa diventi lo stato naturale, cioè il sahaja (sahaja vuol dire naturale).
Qui sembra che vi sia una bella contraddizione, invece non è così. Nel nirvikalpa all’aspirante succede di entrare spontaneamente in samadhi, tutto qui! Ma dato che ne esce ha bisogno ancora di sforzo, di sadhana.
Perché ne esce? Perché vi sono ancora vasana, spinte che lo distraggono e lo proiettano nella dualità. Queste vasana rimanenti vengono consumate nel nirvikalpa che spesso sembra una fase interminabile, pare sempre che ce l’hai fatta e poi noti che esci ancora dal samadhi, cioè entri ancora nella mente, nella dualità.
Dato che in genere è una fase lunga, c’è nirvikalpa e nirvikalpa. A volte è così puro e duraturo che rassomiglia al sahaja, ma fin quando si esce, anche se per brevissimi periodi, è ancora nirvikalpa. Questo significa che fin quando si esce, anche se per brevissimi periodi, c’è ancora incarnazione dopo la morte.
Chi è nel nirvikalpa deve sapere che il jiva (l’essere individuato) deve risiedere nel Soggetto. Quando pezzi di brace saltavano fuori dai bracieri dei fornelli, Ramana li raccoglieva con le molle e diceva: “È così che compare il jiva. Dev’essere riportato nel Cuore, nel Sé”, e li rimetteva nella brace.
Quando voi risiedete nel Soggetto, tutto quello che vi appare – come persone e oggetti esterni e contenuti interiori – viene percepito come un riflesso di voi stessi, fatto tutto della stessa sostanza, e anche se voi agite nella realtà duale e dunque percepite la differenziazione, non è questa a cangiare la vostra consapevolezza: la vostra consapevolezza percepisce che è tutta la stessa sostanza e che quella sostanza siete voi – dunque c’è sia l’immanenza che la trascendenza. Questo può avvenire a vari livelli di intensità, da bassa intensità a esaltazione, è sempre samadhi.
Quindi non siete nella dualità, voi siete nella coscienza unitiva, nel samadhi. ma nel nirvikalpa voi ogni tanto vi addormentate nel sogno, ed ecco che immediatamente cominciate ad essere, non più il Soggetto assoluto, Shiva, Essenza senza forma né qualità, ma un personaggio del sogno, che si confronta con altri, con la propria condizione psicofisica, e con situazioni diverse.
Come fare? Dovete imparare ad accorgervi subito quando uscite e rientrare nel Soggetto percipiente. Ci va sforzo? Certo!
Abbiamo già detto più volte che il Soggetto percipiente può essere avvertito come il senso dell’io, l’osservatore, il puro essere, la consapevolezza, la presenza, l’attenzione ecc. Quello che vi piace di più va bene. Ma qui, agli aspiranti che hanno già conosciuto il Vuoto-Pieno-Silenzio, suggerisco il seguente metodo:
Tenete costantemente l’attenzione sul Vuoto-Pieno-Silenzio, anche un pallido ricordo va bene, mentre se non lo trovate dovete cercarlo. Gradualmente diverrete voi stessi il Vuoto-Pieno-Silenzio, che è esattamente come stanno le cose. E il gioco è finito: Sahaja, Eterna Grazia e Libertà.