— Caro Sergio, grazie per la risposta.
Da qualche anno mi accadono episodi in cui letteralmente “cado dentro” e perdo la funzionalità di stare in piedi, parlare e interagire con l’esterno, pur rimanendo consapevole di tutto. Sembra che l’energia si ritiri tutta all’interno.
Le prime volte mi sembrava di non poter controllare il fenomeno, e che accadesse in momenti in cui ero stressata o debilitata, con conseguenti ricoveri in ospedale, tac ed elettroencefalogramma, per poi non trovare mai nulla dal punto di vista medico. Io non ho mai avuto paura, ma non lo dicevo perché una volta i medici mi hanno rimproverata.
Invece ora quando accade so intuitivamente di cosa si tratta, mi ritiro e aspetto che passi, con pieno sostegno e rispetto della mia famiglia. Ora questo ritiro dell’energia all’interno mi sembra più famigliare e accade anche con maggior frequenza; io lo riconosco e mi permetto o meno di superare la soglia [di sprofondare all’interno o meno].
L’altro aspetto è il mio sonno. Di notte dormo poco, nel senso che consapevolezza, mente, sogno sono molto attivi. Spesso anziché rimanere nel dormiveglia mi alzo, mi siedo a meditare – nel senso che mi apro a ciò che emerge. Infatti di notte ciò che emerge ha tanta forza e chiarezza, e spesso attiva una risoluzione, una guarigione o un lasciare andare. Poi spesso mi riaddormento e il sonno ha una qualità diversa, con sogni appunto di risoluzione.
Davvero grazie. Sentirsi compresi è una benedizione.
— Meraviglioso! Sono tutti movimenti (kriya) della Dea per condurti alla perfezione divina.
All’inizio della manifestazione i jiva sono come bambini prima dell’età verbale. Sono illimitati come Brahman ma non sono consapevoli di sé, e allora si identifica col limitato. Quando ci si avvicina alla Realizzazione avviene il processo inverso. L’attenzione cade sempre più ‘dentro’ e va verso il sonno profondo consapevole, che è il puro Sé senza mondo, perdendo progressivamente interesse per l’apparenza fenomenica.
Vorrei postare le tue parole perché aprono la strada agli aspiranti seri. Un conto è leggere il capitolo 6 dello Jnaneshwari il cui autore è vissuto in qualche sperduto villaggio dell’India nel 1200, altro è leggere la testimonianza di qualcuno che vive adesso, nella nostra società, e che potrebbe essere la vicina di casa. La tua esperienza apparirà loro meno lontana, e allora essi si apriranno e consentiranno di più a se stessi di andare attraverso quelle trasformazioni che li conducono all’identità col Divino. Sono tutti stati che sorprendono i primi tempi che poi, come tu stessa testimoni, si riescono a gestire.
Ramana Maharshi, hai primi tempi del Ramanashram, cadeva completamente in assorbimento, non respirava nemmeno. Allora, poiché per uno strano senso del rispetto nessuno poteva mangiare se non iniziava a mangiare il Maestro, facevano di tutto per destarlo. Così col tempo smise di cadere in quegli assorbimenti che rigeneravano tutto il suo corpo.