affermazioni per trovare il trascendente e centrarsi in esso

Io non credo nella felicità in Terra. È un sogno che nasce dalla povertà della condizione umana; oppure è memoria della perfezione del Sé, ma male indirizzata. Io credo che la vita del mondo fenomenico sia sofferenza in sé. Anche nascendo in un olimpo degli dei e godendo di tutto ciò che si desidera per un eone, o giù di lì, esaurito quel buon karma si muore e si va attraverso cicli di incarnazioni di livello via via inferiore. Le scritture dicono che il dio vede la sua futura incarnazione e la cosa non lo rende felice. Dicono anche che il mondo degli dei sia superficiale. Vivendo così a lungo, gli dei finiscono per credersi eterni – lo facciamo noi con una media di vita intorno agli 82 anni, figuriamoci con un eone – e rimuovono che un giorno moriranno. Perciò il dio che sta morendo, oltre a vedere la sua futura incarnazione peggiorativa, si ritrova solo, e non è felicissimo.

Che la vita del mondo sia dolore non significa che non conosca felicità. I momenti felici sono tutti rispecchiamenti del Sé nella vita mondana. Le persone non se ne accorgono e attribuiscono quella felicità alle cose, mentre è del Sé. La vita del mondo è dolorosa perché la sua felicità è impermanente.

Sono vicino ad Sri Anandamayi Ma quando insegna a non badar troppo alla vita del mondo, a non cercare lì felicità e perfezione.

La conclusione di tutta questa premessa è che se non ci si sfila dalla buccia dell’identificazione con la vita terrena (nel senso generale di mondo, creato, manifestazione fenomenica) non vi è alcun miglioramento stabile, solo l’interminabile ciclo di corsi e ricorsi, e quindi ‘dukkha’, il dolore, la sofferenza.

Una volta impostata una vita etica, l’aspirante alla liberazione dovrebbe rivolgere tutto il proprio desiderio, la su brama, al Trascendente, e rimanere distratto alle vicende del mondo. Ai tempi di Sri Ramana avveniva la separazione del Pakistan dall’India e c’erano continui eccidi tra indù e mussulmani. Ne ha mai parlato Sri Ramana in discorsi pubblici? Va ciò considerato una sua lacuna? Non era politicizzato? Era insensibile agli eventi sociali? Era un tipo individualista?… Io dico che era ed è un insegnamento per chi anela alla Liberazione. Questo è almeno il mio parere, decidete voi.

Di seguito vi propongo delle affermazioni per trovare il trascendente e centrarsi in esso:

Io non sono di questo mondo.
Io non sono questo corpo.
Io non sono questa personalità.
Io non sono questi averi.
Io non sono queste relazioni personali.
Io non sono il tempo.

Chi anela veramente alla liberazione dovrebbe ripeterle e coltivarle.

Perché non ho aggiunto “Io non sono lo spazio”? Perché lo spazio è la prima impressione duale che si incontra, è al confine tra non-dualità e dualità, e fa spesso da ponte per accedere allo stato unitivo. Quando l’aspirante sente di essere lo spazio, istantaneamente collassa il concetto di spazio e con esso il concetto di distanza, e l’aspirante entra in samadhi. Col concetto di tempo invece siamo completamente nella mente. La definizione che una scuola dà del tempo è: considerazione di particelle che si muovono nello spazio. Perciò…

G. – Ciao Sergio, mi permetto di segnalare che la negazione (non) non viene riconosciuta/considerata dal subconscio (e quindi dal sistema profondo), quindi il rischio è di affermare il contrario di quello che vorremmo, in questo caso.

Sergio – Mi aspettavo questa critica. Essa sicuramente vale per le cose relative. L’affermazione “Non sono povero” è certamente sbagliata, ma Dio può essere indicato solo attraverso la negazione di ciò che non è. Quando tu neghi quei concetti hai un forte sentire di trascendenza, e quel sentire viene registrato dal subconscio, eccome. Se Dio viene nominato, non è Dio, ma è un concetto. “Io sono coscienza, io sono essere, io sono il Sé, io sono puro spirito” sono affermazioni troppo grossolane per essere messe nell’inconscio. Per non nominare Dio le scritture usano il pronome relativo Tat = Quello. Le affermazioni negative che ho proposto servono per fare emergere l’esperienza del Trascendente. Quando l’esperienza emerge non c’è più bisogno delle affermazioni. Quando non emerge la mente, quelle affermazioni evocano l’esperienza del Trascendente.

G. – Ho capito cosa intendi e prevedevo una risposta del genere. Penso dipenda in questo caso molto dall’intento e dalla motivazione profonda che ci si mette.

Sergio – È proprio così. Non è soltanto una questione di semantica. Non si stanno solo immettendo istruzioni in una persona ipnotizzata che rimane emozionalmente neutra, come nel film di Allen “La maledizione dello scorpione di giada”. Quando si va in Alfa col Metodo Silva o altro metodo, per guarire o chissà che, si creano visualizzazioni o anche solo affermazioni, ma con un forte contenuto emozionale. Quel contenuto emotivo viene registrato e programma l’inconscio, attiva la legge di attrazione ecc.