La devozione dello jnani non viene vista perché è tutta riversa nell’assidua contemplazione dell’ ‘io sono’, che inizialmente si presenta come l’io personale separato, il cosiddetto ego.
Questo ‘io sono’ separato è illusorio, e a furia di contemplarlo sparisce, e al suo posto emerge una Presenza consapevole, impersonale e universale, che è il vero Sé. Io ricordo una volta che da bambino giocavo e vedevo che il mio papà aveva un io molto strutturato e discuteva animatamente di politica, tutto immerso in quei problemi. Allora mi dissi: “Devo avere anch’io un io per essere un adulto come papà”.
Io ho visto che se l’aspirante jnani non ha alle spalle una preparazione bhakta che gli abbia aperto in una buona misura il cuore, avrà molta difficoltà a fare l’autoindagine. Sia perché, senza aver già purificato la mente con l’amore, tutti i problemi legati all’io personale salteranno violentemente fuori travolgendolo e impedendogli di continuare l’autoindagine; sia perché dovrà compiere un salto troppo grande verso la non dualità. È come qualcuno che non avendo fatto la scuola media inferiore si iscriva al liceo: è assai improbabile che riesca in quello studio superiore.