Sri Ramana Maharshi, Discorso 624
Un devoto chiese a Sri Bhagavan: “Soggetto e oggetto appaiono e scompaiono con ogni pensiero. L’ ‘Io’ non scompare quando scompare il soggetto? Se così fosse, come potrebbe procedere la ricerca dell’ ‘Io’?”.
M. – Il soggetto (il conoscitore) è soltanto una modalità della mente. Anche se tale modalità (vritti) passa, la realtà sottostante non viene meno. Lo sfondo di quella modalità è l’ ‘Io’ in cui appaiono e scompaiono le modalità della mente.
D. – Il Sé è descritto come srota (chi ascolta), manta (chi pensa), vijnata (chi conosce), ecc., ma anche come asrota, amanta, avijnata (chi non ode, chi non pensa, chi non conosce). È così?
M. – Proprio così. L’uomo comune è cosciente di sé solo quando si hanno delle modificazioni nell’intelletto (vijnanamaya kosha). Queste modificazioni sono transitorie: appaiono e scompaiono. Per questo l’intelletto (vijnanamaya) è considerato un rivestimento (kosha). Quando rimane solo la pura coscienza, è il Chit (il Sé) o il Supremo.
Rimanere nel proprio stato naturale al quietarsi dei pensieri è beatitudine. Se la beatitudine è transitoria (appare e scompare), allora è solo la guaina di beatitudine (anandamaya kosha) e non il puro Sé. Quando tutti i pensieri si sono calmati, è necessario fissare l’attenzione sul puro ‘Io’ e non lasciarlo più. Questa attenzione dev’essere descritta come un pensiero estremamente sottile, altrimenti non se ne potrebbe parlare, poiché non è altro che il Reale Sé – chi dovrebbe parlarne, a chi e come?
Tutto ciò è ben spiegato nel Kaivalyam e nel Viveka Chudamani. Sebbene nel sonno non si perda la consapevolezza del Sé, l’ignoranza del jiva non è toccata.
Per distruggere l’ignoranza è necessario questo sottile stato della mente (vritti-jana). I raggi del sole non bruciano i batuffoli di cotone, ma se i raggi vengono concentrati attraverso una lente di ingrandimento, il cotone prende fuoco e brucia.
Allo stesso modo la consapevolezza del Sé, nonostante sia sempre presente, non è nemica dell’ignoranza. Se con la meditazione s’acquisisce tale sottile attenzione allora l’ignoranza viene distrutta.
Anche il Viveka Chudamani afferma: ‘Ativa sukshman paramatma tattvam na sthula drishtya – Il Supremo Sé estremamente sottile non può essere visto dall’occhio grossolano’, ed ‘Esha svayam jyotirasesha sakshi – Quello splende di luce propria ed è testimone di tutto’.
Tale sottile stato della mente non corrisponde alla modificazione mentale detta vritti. Gli stati mentali sono di due tipi: uno è lo stato naturale [sahaja], l’altro è una trasformazione nelle forme degli oggetti. Il primo è la verità, mentre l’altro opera in conformità all’io-agente (kartru-tantra). Quando quest’ultimo perisce, jale kataka renuvat (come la noce ripulita si scioglie nell’acqua), rimane solo il primo.
Il mezzo per ottenere questo fine è la meditazione, che pur avendo la triade della distinzione (triputi – la triade del conoscitore, conosciuto e l’atto del conoscere) in ultimo termina nella pura consapevolezza (jnana).
La meditazione necessita di sforzo, jnana è senza sforzo; la meditazione può essere fatta, non fatta o fatta in maniera sbagliata, ma jnana non è così; la meditazione è indicata come kartru-tantra (propria di chi fa), jnana è detto vastu-tantra (proprio del Supremo).
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Commento di Sergio – Pur essendo consapevoli nel sonno profondo, l’ignoranza dell’identità con l’ego potrebbe non essere ancora definitivamente caduta.
Così come il sole non brucia i batuffoli di cotone, che invece bruciano se i raggi del sole sono concentrati attraverso una lente di ingrandimento, allo stesso modo avere molte esperienze dirette o addirittura essere consapevoli del Sé durante il sonno profondo non brucia l’ignoranza dell’identificazione con l’ego. È necessario che il pensiero-io sia posto sotto osservazione da quella mente sottile che Sri Ramana chiama ‘vititti-jana’, attraverso la meditazione.
Una volta che il pensiero-io sia stato smascherato, la concentrazione va mantenuta ferma sul Sé. “Tale concentrazione (con sforzo)”, insegna Sri Ramana, “diverrà in seguito il sahaja samadhi (lo stato naturale senza sforzo)”.