— Maestro, ho lavorato un po’ sul koan ‘invia amore’. Ho notato che non riesco a praticare a lungo perché quando emergono dei contenuti della mia storia personale il flusso di amore si ferma e l’attenzione va a quelli. Meglio invece con koan ‘ama ciò che appare nella tua coscienza’ perché quando emergono traumi, desideri o pensieri negativi, con uno sforzo cerco di non provare avversione.
— Grazie per il tuo messaggio, è molto chiaro e mi dà la possibilità di spiegare bene l’Autoindagine Attraverso l’Amore.
Quando tu pratichi ‘Ama ciò che appare nella tua coscienza’ stai andando a sbaragliare personalità, ego e mente; è chiaro questo? Quindi le resistenze che incontri sono consistenti, proporzionate all’effetto dirompente di purificazione della pratica.
La prima cosa che succede è che tu ti trovi presto di fronte al limite di capacità di amare della tua struttura psicofisica. E non te ne accorgi nemmeno, perché quel limite dal punto di vista della natura inferiore e normale, è come sei fatto tu come essere umano.
Quello di cui ti accorgi è di una sorta di stallo della pratica, che invece di realizzare la sconfitta dell’ego che prometteva, si limita ad essere una sorta di analgesico, un mitigatore dell’avversione, lasciandoti in uno stato senza infamia e senza lode Come hai ben detto: non raggiungo il Sé ma almeno provo meno avversione…
Quello che a questo punto devi fare è praticare il secondo passo di Lester Levenson:
“Posso trasformare questo in amore?”.
Qualsiasi cosa sia ‘questo’, continua a lavorare con questa domanda-koan. E come in tutti i koan, non è che tu capisci un metodo o una strategia per farlo, semplicemente a un certo punto il salto avviene. Il tuo desiderio di andare oltre condensato nella forma della domanda-koan sposta le barriere e il salto avviene!
Abbi fede e insisti sul secondo passo!
Fammi sapere dei tuoi risultati ❤