Bhagavan, negli anni in cui lo servivo all’Ashram, mi stava molto vicino. Una volta andai al tempio della Madre; lì cera un sacco di gente che discuteva delle faccende del mondo. Bhagavan mi chiamò e disse: “Perché vai in quella folla? Non andare in luoghi affollati. Se ti muovi tra la folla, le loro vasana ti influenzeranno”.
Bhagavan mi ha sempre incoraggiato ad avere una vita solitaria e a non mischiarmi con la gente. Questa fu la strada che scelse per me. Altri ricevettero suggerimenti diversi, che per loro erano altrettanto buoni. Comunque, negli anni in cui stavo all’Ashram, mentre mi scoraggiava energicamente a non socializzare, mi scoraggiava anche a non stare tranquillo e meditare. Se mi vedeva seduto ad occhi chiusi, mi chiamava e mi dava del lavoro da fare.
In una di quelle occasioni, mi disse: “Non sederti a meditare. Basterà che non dimentichi che sei il Sé. Ricorda che sei il Sé durante tutto il tempo in cui lavori. Questa sadhana ti basterà. La vera sadhana è NON DIMENTICARE IL SÉ [ovviamente dopo che Lo si è conosciuto]. Non è stare seduti in silenzio con gli occhi chiusi. Sei sempre il Sé. Non dimenticarlo mai”.
Il metodo di Bhagavan non crea conflitto tra mente e corpo. Non fa sedere la gente a combattere la mente ad occhi chiusi. Di solito, quando ti siedi in meditazione, stai lottando per ottenere qualcosa, stai combattendo per il controllo della mente. Bhagavan non ci consigliava di intraprendere tale tipo di conflitto; diceva che non v’è bisogno di fare la guerra contro la mente perché la mente non ha alcuna reale, fondamentale esistenza. “Questa mente” diceva, “non è altro che un’ombra”. Mi consigliava di essere continuamente consapevole del Sé mentre svolgevo i compiti ordinari della vita; nel mio caso bastava questo.
[Da Sri Annamalai Swami ‘Final Talks’]
• Grazie a Jnanananda per avermi segnalato questo testo.