Bisogna giungere a un punto in cui ci si distacca dalla mente, e questo può necessitare di purificazione mentale.
Avvenuto tale distacco, non importa lo stato mentale in cui sì è, potrebbe anche essere agitatissimo, si è sempre illuminati, cioè sempre consapevoli dell’immutabile coscienza sottostante che siamo noi. Non si prova più il bisogno di migliorare i propri stati mentali. Non sarebbe dissimile dal voler migliorare il clima del giorno.
Si è coinvolti quando si vuol fare qualcosa. Ma se si rimane non agenti, nella non azione, si è immancabilmente il Sé.
A questo punto il concetto di vasana va confermato nel suo reale significato: vasana è la ‘spinta mentale’ a fare, intervenire; non il contenuto mentale in sé. Perciò se si rimane nella non azione non si può che essere il Sé non offuscato.
E come si pone la questione della Santità nella via spirituale? Come metodo, dal punto di vista dell’Advaita Vedanta, ciò che vale è trovare il Sé e dimorarvi; i contenuti mentali vengono purificati solo se diventano un ostacolo per la sadhana. Come merito, il Sé è la suprema Santità; dunque conseguito Quello non si pongono più questioni di Santità.
Da quanto dico, si può capire bene cosa intende Sri Ramana per samadhi; non uno stato di trance che è temporaneo: SAMADHI È ESSERE IL SÉ, che include tutto.