cerco un centro di gravità permanente

Ce n’è uno solo e soltanto quello: il Sé invisibile immanifesto.

Quella è la vera natura. Quando io mi collego e mi unisco a voi, anche dopo aver esteriormente litigato per ragioni pedagogiche, vado lì; non cerco di avvicinare i vostri corpi fisici e sottili. Quando voi vi immergete nel sonno profondo senza sogni, andate lì. Il sonno profondo senza sogni è sia il corpo causale – quando c’è ignoranza e i semi delle vasana dormienti che germoglieranno nel dopo morte, nel bardo, dando luogo a una nuova incarnazione –, sia il Sé invisibile immanifesto, l’unica vera natura, quando vi è la luce della coscienza.

Il nirvana stabilizza questa consapevolezza: azzera la mente e vi tiene lì… portando col tempo al sonno desto, sempre più profondo. Il sonno desto è il processo nel quale l’attenzione dell’aspirante si ritrae sempre di più dal mondo ed è invece assorbita sempre di più dal Sé invisibile immanifesto, che ormai riconosce come l’unica realtà e la propria vera natura. Il sonno profondo descrive esattamente quello che avviene: l’aspirante si muove nel mondo come se dormisse.

Ora, come si fa a vedere che un maestro è sabija* o ha varcato la porta di manonasa?

Ve ne accorgete perché per il maestro sabija esiste ancora il mondo e la vita del mondo, mentre per il maestro realizzato che ha varcato manonasa mondo e vita del mondo non esistono più, sono irreversibilmente scomparsi, dissolti.

Vale la pena di rileggere parte del messaggio che vi ho mostrato giorni fa, per rendersi conto della resistenza che mente ed ego oppongono al vedere che mondo e vita del mondo non esistono. Ovviamente queste resistenze durano enormemente meno qua do si ha un maestro realizzato, potremmo dire per un fenomeno di empatia; mentre sono quasi insuperabili se si frequenta un maestro sabija, meglio far da soli… Quest’ultimo invece di spegnere la mente, crea continui mondi, e non può fare diversamente perché quella è la sua natura relativa.

Ecco il messaggio della sorella:

“[…] Dopo questo collasso, mi trovo nel Vuoto più Vuoto di prima, che già mi sembrava Vuoto, e mi ci sento piuttosto rilassata, tolta la sensazione di panico che ogni tanto incontro e poi se ne va. Da qui ti scrivo, non per cercare di fare pace, perché sento che non c’è mai stata guerra, nonostante tutto. Questo piano è perfettamente liscio, anche se immagino che tu abbia sofferto, io certamente sì e altri credo pure. Da qui non c’è possibilità di essere lontani, anche volendo, perché non c’è chi possa essere lontano da chi. Non c’è più causa ed effetto, solo cose una dietro l’altra”.

Come già dissi, vedete quanto è ancora fragile la visione della Realtà ultima in questo aspirante? Le paure ne sono un eloquente indicatore. Perché paura? Perché non ha capito che c’è solo Quello e che Quello è lei; non avendolo capito sorgono paure automatiche di perdere il mondo. Nel raccontare l’esperienza questa sorella non mostra di aver capito che il mondo non c’è, dice solo “Nonostante tutto questo ho avuto questa bella esperienza”. Questo aspirante va rafforzato nella non-mente.

Di diverso tipo le esperienze di M., sorella che è entrata nel sangha da poco. Purtroppo me le ha raccontate a voce e non posso postarvele. Questa sorella avrà una sadhana molto breve! ❤

* Sabija vuol dire con seme, intendendo che in quella fase del dimorare nel Sé – che non è ininterrotto, altrimenti sarebbe nirbija, senza seme, ma il maestro vi entra a volontà, dal che egli è portato a credere di essere già realizzato –, in quella fase del dimorare nel Sé la mente e l’ego sopravvivono ancora. Essi ritornano puntualmente quando il maestro esce dal samadhi. Infatti questa fase si chiama manolaya, della dissoluzione (di mente ed ego) temporanea.