D. – Qual è allora la differenza fra meditazione e ricerca del Sé (atma vichara)?
M. – La meditazione è possibile solo mantenendo l’ego. Vi è l’ego e l’oggetto sul quale si medita. Si tratta dunque di un metodo indiretto. Il Sé invece è unico. Invece quando si cerca l’ego (atma vichara), cioè la sua sorgente, l’ego scompare. Ciò che resta è il Sé. Questo è il metodo diretto.
D. – Allora cosa devo fare?
M. – Rimanere aggrappato al Sé.
D. – Come?
M. – Anche adesso siete il Sé. State però confondendo la coscienza dell’ego con la Coscienza Assoluta. Questa falsa identificazione è dovuta all’ignoranza, che sparirà insieme all’ego. Uccidere l’ego è la sola cosa da fare. La realizzazione è già qui. Non è necessario alcuno sforzo per ottenere la realizzazione, perché non è qualcosa di esterno, qualcosa di nuovo. Esiste sempre ed ovunque, qui ed ora.
(Discorsi con Sri Ramana Maharshi, 174)
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Domanda — Ciao Sergio. Il metodo diretto potrebbe essere considerato un’evoluzione del metodo indiretto?
Sergio — Sono metodi diversi adeguati ad aspiranti con caratteristiche e livelli di coscienza diversi.
D. — Come uccidere l’ego?
S. — Tu sei Sat-Chit-Ananda (Essere-Consapevolezza-Beatitudine). Tutti gli esseri umani (tranne gravi casi patologici) hanno raggiunto un grado di individuazione tale da sentire di essere un ‘io’ – l’ ‘io’ è sia ‘essere’ che ‘consapevolezza’. L’illusione deforma Chit, la Consapevolezza, facendoti credere di essere un individuo (jiva), una personalità (mente), un corpo, e in questo modo tu perdi la Beatitudine intrinseca all’Essere-Consapevolezza. Però l’illusione non può eliminare Sat, l’Essere, che è comunque presente sotto forma del piccolo ‘io’, l’ego.
Quando tu dimori nell’ ‘io’ per lungo tempo, questi perde le cose che gli sono state sovrapposte e alla fine si mostrerà per il vero ‘Io’ universale, impersonale, onnipervadente e onnicomprensivo. È il vero Sat! E allora anche la vera Consapevolezza e la Beatitudine vengono ristabilite. Non c’è più dualità! Tu sei tutto, ogni cosa (e da ciò nasce naturale il comportamento etico), e trascendi anche questo tutto: sei il Sé!
D. — Se ad esempio provo rabbia, la rabbia non è me, ma esiste, crea sofferenza, contiene coaguli energetici, pensieri, sensazioni, ecc. Se questa rabbia iene osservata, si disgrega?
S. — Quando emergono delle impressioni come rabbia ecc. tu dovresti sforzarti a risalire a ‘Chi’ sta provando quella rabbia – questa è la vera autoindagine! Comparirà l’identità che genera quella rabbia; ad esempio: “Sono Sergio che si sente sempre ferito dagli altri”. Osservando questo ‘io’ parziale, risalirai al vero ‘Io’, e così fino alla realizzazione finale.
Se l’impressione è molto forte – ad esempio la morte di una persona cara – allora puoi immergerti nella pura emozione, senza pensieri, immagini né rievocazioni, e stai lì finché quell’emozione non si è dissolta; quindi puoi risalire all’Io che la sperimenta. Ovviamente ci vuole tempo. Vi sono delle impressioni molto radicate e richiedono anni per essere scardinate, come l’identificazione col corpo e tutto ciò che comporta: pausa della morte (la propria e delle persone care), paura del dolore, abbandono, solitudine, insuccesso ecc. Noterai alla fine che esse nascono e si basavano comunque da/su un’errata comprensione. Queste errate comprensioni sono fondamentalmente due: il credere di essere un corpo, e quindi di essere limitato e bisognoso, e il credere che l’apparenza della molteplicità sua reale. Quando queste credenze se ne sono andata. La realizzazione avviene spontanea senza alcuno sforzo.
D. — Oggi leggevo Poonja, così… pagine a caso. “Non c’è nulla da fare,” dice lui, “sei già il Sé”. Mi sembrano messaggi confusivi!
S. — Io ti ho detto di meditare Ramana, non Poonja. Sri Ramana è il Supremo, l’incarnazione stessa di Shiva, nessun altro Jnani moderno raggiunge il suo livello.
Poonja è confusivo quando fa queste affermazioni. Egli usa il metodo di spostare la mente dell’allievo facendogli abbandonare il ‘fare’ e lasciandolo cadere nel puro Essere. Questo va bene se la cosa avviene davanti agli occhi del Maestro, alla sua presenza (Darshan), o con alcuni che sono molto in sintonia con lui; ma messo così per iscritto diventa uguale al fuorviante paradigma filosofico della neoadvaita, e quindi confusivo.