Qual è il massimo grado di abbandono a Dio?
Il samadhi!
Sri Ramana insegnava: “Realizzazione e samadhi sono la stessa cosa”.
Quando, grazia al tuo abbandono al Divino, sarai in grado di riconoscere ogni momento particolare come il volto di Dio, allora il samadhi diverrà ininterrotto.
Hai già esperienza di ciò nel tuo mind clearing.
Pulisci un evento traumatico, lo percorri più volte e con la tua consapevolezza universale, noti dei particolari e vivendoli li dissolvi; poi alla fine dici: “C’è Dio anche lì!”, e tutta l’apparenza illusoria si dissolve.
L’evento traumatico è apparso nella coscienza, è fatto di coscienza – così come le onde sono mare –, e quando la coscienza universale (il Sé) lo dissolve, la forma apparente si scompare e l’evento particolare torna ad essere Pura Coscienza.
Per entrare nel samadhi si può solo essere come un bambino piccolo, che è prima della capacità di comprendere e discriminare, e che può solo arrendersi completamente alla madre.
Perché allora tutto questo sforzo per comprendere e imparare a discriminare?
Due motivi: uno cosmogonico, l’altro ha a che fare con la sadhana.
Quello cosmogonico ci dice che la creazione è il mezzo attraverso il quale l’Assoluto conosce Sé Stesso. Accumula conoscenza e coscienza di sé attraverso la dualità, fino a un livello in cui l’apparente anima individuale riconosce di essere invero l’Assoluto. I saggi dicono che non vi è modo di spiegare con le parole l’accadimento nel quale l’Assoluto si identifica con una manifestazione di sogno per conoscere Sé Stesso, perciò si sono limitati a chiamarlo il ‘gioco divino’.
L’altro è pratico riguarda la sadhana. Per immergerti nel Sé devi discriminare tra Sé e non-Sé, altrimenti non sai cosa è vero e cosa è falso. Solo quando il risiedere nel Sé comincia a diventare frequente, puoi abbandonare la conoscenza ai piedi di Dio ed entrare nel Sé, nel samadhi con mente (savikalpa) e poi senza mente (nirvikalpa). Ciò avviene naturalmente per chi pratica la via del samadhi, non v’è bisogno d’esser vigili per controllare se la conoscenza c’è ancora o no.
* * *
Ho letto l’affermazione di un Maestro che dice: “Lo jnani che si è fermato alla conoscenza del Sé è sottosviluppato”. Ma di quale jnani si sta parlando? Se è nel samadhi non potrà fermarsi e progredirà naturalmente oltre la conoscenza. Evidentemente quel Maestro si riferisce a un sadhaka che crede di essere uno jnani. In un altro passo lo stesso Maestro dice: “Anche se si è stabiliti nel Sé, se si diventa orgogliosi si decadrà nuovamente nell’ego”. Anche qui, se è venuto fuori l’orgoglio, vi devono ben essere ancora vasana che non son state bruciate. Sembra che manchino le nozioni di Manolaya (la dissoluzione temporanea dell’ego) e di Manonasa (la dissoluzione definitiva). Ma dato che quel Maestro è il glorioso capostipite di una discendenza di jnani illuminati e io non ho studiato con accuratezza quella via, certamente si tratterà di diversità nel linguaggio e non già nella sostanza.
Sono contrario a discutere quel che dicono gli altri Maestri e decadere nel campanilismo. Ognuno ha la sua via ed è tutto perfetto così com’è. Lo fatto perché mi sono stati richiesti dei chiarimenti. Avessi avuto una migliore conoscenza di quella via l’avrei fatto meglio. Spero di non aver offeso i devoti di quella via che io stesso stimo molto.
* * *
In ogni caso, come esseri umani abbiamo lottato molto per imparare a conoscere e discriminare per poter sopravvivere, perciò tornare come bambini piccoli senza conoscenza e capacità di discriminare solleverà delle resistenze. Solo la Devozione ardente può condurci oltre queste barriere umane.
Ramakrishna, quando insegnava il samadhi ai suoi allievi, faceva dei gesti con braccia e gambe come un bambino piccolo che sta per consegnarsi in seno alla Madre.