— Trovo che spesso l’autopercezione è frammischiata – quando va bene – da uno stato d’ansia, in modo che non si può dimorare nell’Io puro. Ti chiedo: qual è la giusta azione che può “ripulire” da questa zavorra in modo che ci sia la sola “esperienza”?
— Il dimorare nel puro Sé è ‘spesso sovrastato’ dalle impressioni mentali, altrimenti saresti realizzato. Cosa fare quando la mente impedisce di ‘dimorare nel Sé’:
1. Anzitutto vi dev’essere il FERMISSIMO CONVINCIMENTO, guadagnato nelle esperienze dirette non-duali, che tutto ciò che appare non è altro che una forma-pensiero.
Vi dev’essere lo sforzo persistente dell’aspirante a ‘NON CONCEDERE REALITÀ’ all’apparenza: it is not real (non è reale). Dopo la prima esperienza diretta non-duale della Verità, ‘QUESTO COSTITUISCE LO SFORZO MAGGIORE dell’aspirante. Io ho vissuto nell’ambiente degli Intensivi di Illuminazione; erano persone che avevano un sacco di esperienze non-duali e poi continuavano (tranne pochissimi) a considerare reale la dualità. In questo modo si riducevano ad essere degli ego che sapevano di aver avuto delle esperienze non-duali. È come se volendo costruire un armadio ti limiti a fare solo i piedi.
Dopo l’esperienza diretta non-duale della Verità, tutto l’impegno dell’aspirante sta nell’educarsi a non concedere ‘realità’ all’illusione (farlo significa schiavitù), e a spostare invece sempre di più questa ‘realità’ sul Principio-Io.
2. Con tale consapevolezza, la seconda cosa da fare è ‘TESTIMONIARE’ – come testimone il più neutrale possibile – i movimenti mentali che avvengono. Quando questi si placano, si ritorna stare nel Sé.
Per ottenere la stabilità, la mente dev’essere destrutturata in questo modo. Perché chi ha un’esperienza non-duale del Sé non diventa subito illuminato? Perché dopo quel momento, avvenuto per un allontanamento temporaneo della mente (ad esempio il trucco di Mooji di dirti: Non c’è passato, on c’è futuro, non c’è presente. Stai fermo lì!), si ritrova aggredito da così tanti concetti mentali avversi alla non-dualità da rendergli impossibile la permanenza nel Sé.
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Andrea: — Grazie! Con “testimoniare” si intende l’osservazione delle onde che ci attraversano mentre siamo ancora identificati nel falso Io?
Sergio: — “Con ‘testimoniare’ si intende l’osservazione?”. Sì.
“mentre siamo ancora identificati nel falso Io?”. Durante la pratica, tu dovresti tendere a identificarti con quella osservazione. Essa è neutrale, non coinvolta nell’azione, mentre il falso io si presenta come colui che fa e che poi raccoglie i frutti dell’azione.
Nella Via Diretta di Atmananda tale osservazione viene chiamata ‘Testimone’. Esso si presenta come ‘Testimone opaco’ quando l’aspirante gli attribuisce degli attributi e facoltà. Ad esempio: “Questo testimoniare cambierà la mia vita, mi aiuterà a cambiare il corso degli eventi ecc.”. Qui l’aspirante si identifica col falso io e proietta sul testimone l’identità di fautore e fruitore. Ma come potrà arriverà all’equanimità del nirvana in questo modo?
Andando avanti nella pratica l’aspirante sente che il Testimone e assolutamente neutrale e privo di azione. In questa fase viene chiamato il ‘Testimone trasparente’.
Procedendo l’aspirante si rende conto che il ‘Testimone trasparente’ non è altro che la Pura Coscienza.
Procedendo ancora l’aspirante si identifica con la Pura Coscienza (nirvikalpa samadhi).
Quando questa identificazione è stabile raggiunge la Realizzazione (sahaja samadhi)
Se vuoi approfondire ti consiglio i libri di Atmananda (Krishna Menon):
‘Arma Darshan & Atma Nirvritti’ e ‘Notes on Spiritual Discourses of Sri Atmananda’ (sono in inglese); e il libro di Greg Goode “La Via Diretta”, Volume 1 e 2, Antidoto Edizioni (in italiano).