Nella discesa virtuale che porta il Parabrahman, l’Assoluto, a diventare manifestazione, Questi, da uno stato in cui non sa di essere (turiyatita), passa a uno stato in cui sa che è (turiya). Questo stato è Brahman nirguna, l’Essere senza attributi né forma, solo Essere.
Al gradino inferiore troviamo Brahman saguna (con qualità) che incarna la concezione del ‘Dio causa’ della nostra religione, il Logos, la ‘parola’ di Dio (intenzione), che crea, sostiene e controlla manifestazione.
Brahman saguna, anche detto Isvara, è uno stato di quasi samadhi: sei nell’unità, sei uno con tutto (c’è già dunque la percezione di un tutto come un immenso corpo eterico, quale materia sottilissima che può generare la manifestazione sottile e grossolana), ma puoi osservare da un punto di vista individuale (questa la qualità) l’unità che sei tu, che è il tuo corpo, e puoi immettere un fremito infinitesimale di intenzione (infinitesimale perché a quel livello basta pochissimo per creare un qualsiasi universo) in tale unità.
Nella mente ordinario, quando a un livello di io personale tenti una creazione: ‘Voglio aprire una tabaccheria perché l’autoindagine non mi riesce e almeno così avrò qualcosa in comune con Nisargadatta’, immediatamente quell’intenzione trova una valanga di contro-intenzioni e identità avverse, come nel nostro parlamento, perciò la creazione richiede assai sforzo per farsi strada. A livello di Brahman saguna, poiché è ancora tutto uno, quel fremito infinitesimale di intenzione produce una creazione immediata e tutto il campo (l’Uno) si resetta istantaneamente per includerla.
È la mente cosmica, il vento (l’intenzione) che soffia sulle acque scure (non ancora illuminate dalla consapevoli di sé) della coscienza e crea la manifestazione.
Quello è il primo karma, la prima azione (sempre virtuale); e da lì è solo matematica di onde che, come i cerchi concentrici che si creano quando getti una pietruzza nell’acqua calma, si scontrano tra loro creando l’intrigo di azioni causa-effetto della manifestazione fenomenica.
Perciò karma è l’intera apparenza, l’intera manifestazione: Sergio è karma, questa pagina è karma ecc. ecc. Noi, come puro Essere (Brahman nirguna, la condizione del bambino nella fase preverbale, non ancora individuato) e come Parabrahman (oltre l’essere e non essere, oltre qualsiasi concetto e oltre la conoscenza) non siamo responsabili delle azioni; esse avvengono come in un sogno di cui possiamo essere consapevoli o meno. Ma fin quando siamo identificati con un io individuale separato, il senso di responsabilità è necessario.
Lo scopo dell’autoindagine è risalire a Brahman nirguna (turiya). Quando turiya divento stabile, l’abbandono è così potente da spegnere ogni desiderio, persino quello di essere. Allora, spontaneamente, turiyatita, lo stato che trascende turiya, ci farà visita, e diventiamo l’Assoluto.
Dicendolo secondo Patanjali, con l’immergersi nel sabija (con seme) samadhi sempre più profondamente, il nirbija (senza seme) samadhi arriva spontaneamente. ‘Bija’ vuol dire seme, e i semi che creano il mondo sono i concetti. ‘Essere’ è ancora un concetto, ma l’abbandono profondo di turiya porta alla caduta anche di questo ultimo concetto; allora arriva il nirbija, senza concetti e quindi senza conoscenza.
La meta della sadhana è turiya, e con turiya essa si conclude. Ecco perché Maestri di scuole diverse, da Ramana a Nisargadatta, tutti esortano a permanere nell’Essere-Consapevolezza, nell’Io Sono.