Kenshoo in giapponese vuol dire ‘vedere la propria vera natura’. Ken = vedere, shoo = natura. È l’esperienza diretta. A parte le grandi anime, a cui basta un kenshoo per rimanere stabili, per la maggioranza degli aspiranti sono necessari molti kenshoo per vederla bene questa vera natura. I 10 tori dello Zen simboleggiano questo percorso: prima l’aspirante è alla ricerca del toro, poi ne scorge solo una natica, poi lo vede per intero…
Qui c’è da dire qualcosa. Anche quando l’aspirante vede la propria vera natura abbastanza bene, questo non necessariamente è sinonimo di distacco dalla mente. Molti aspiranti avanzati restano in qualche modo attaccati alla mente, vi credono ancora, credono ancora alla mente.
Allora vanno attraverso un periodo difficile. In genere si sottovalutano. Pensano: “Per quanto ho conosciuto la verità, non è cambiato niente, perciò non ho realizzato niente”, e invalidano le loro esperienze dirette.
Quello che non hanno ancora visto è che si possono staccare dalla mente. È come se si trovassero prigionieri in un fosso: riescono a fare dei grandi balzi e vedono la libertà, però poi ricadono nel fosso. Il fatto è che non c’è nessun fosso! Quello che c’è è che danno ancora credito alla mente. Non hanno ancora visto che c’è un altro modo, che si possono staccare dalla mente, non importa quanto sia equilibrata o disturbata.
Però poi appare. Forse spinti dalla sofferenze o benedetti dalla grazia, a un certo punto vedono che non c’è niente e nessuno che li costringa a vivere nella mente, né che farlo è ragionevole. Una volta vita la nuova prospettiva, che è come le cose veramente sono, la nostra vera natura, con un po’ di pratica e ce la fanno. Un insegnante può essere utile.