Esistono di approcci alla spiritualità, uno laico e uno religioso.
In questo articolo io uso i termini ‘laico’ e ‘religioso’ con un significato diverso da quello che hanno nel linguaggio comune.
L’approccio laico alla spiritualità è di quelli che gestiscono il loro percorso e le loro esperienze spirituali con il loro ego. Poiché è l’ego che gestisce l’uno e l’altro essi non si danno completamente al Divino e perciò non sono in grado di uscire dal girone della condizione umana. Possono avere esperienze spirituali molto significative, sviluppare poteri sottili, avere centinaia dai allievi… non escono dalla condizione umana!
L’approccio religioso alla spiritualità (così come lo intendo io in questo articolo) è di quelli che spingono per diventare devoti totalmente annullati ai piedi di Dio. Questi fanno loro i precetti del Dharma (condotta etica) e non vedono differenza tra Dio trascendente e la condotta etica nella vita. L’identità tra i due aspetti del Divino li sottopone a una disciplina rigorosa; se hanno una condotta non etica, essi indagheranno sulle cause che li ha portati a discostarsi dal Divino. Le loro impurità non potranno sfuggire a un tale riflettore di autocritica e la loro purificazione sarà potente e determinante per il successo spirituale: l’annientamento dell’ego. I primi invece, quelli dell’approccio laico, tronfi delle loro esperienze e facoltà spirituali continueranno a nutrire il loro ego; essi non riusciranno a uscire della limitante e dolorosa condizione umana.
Dice il Mahatma Gandhi: “Confondiamo spesso la cultura spirituale con la conquista spirituale. La spiritualità non consiste nel conoscere i libri sacri e nell’impegnarsi in discussioni filosofiche [e io aggiungerei: non consiste solo nell’ottenere esperienze e facoltà spirituali – N.d.A.]. Si tratta di educazione del cuore, di incommensurabile forza. Il coraggio è il primo requisito della spiritualità. I vili non possono mai essere morali”.
La vera via del Dharma non consiste nell’imparare precetti a memoria, è EDUCAZIONE DEL CUORE.