— Ieri hai espresso due limiti di visione che vorrei farti notare.
Riferendoti all’Abbandono al Brahman hai detto: “Stamattina è andata meno bene che ieri”. Questa pratica ti conduce all’indifferenziazione: a esperire che tutto è Brahman. Lo stato di estasi e amore ti deriva da questo, non dall’avere uno stato piacevole temporaneo. Hai confusione? È Brahman. Hai Chiarezza? È Brahman. Ti senti incapace? È Brahman. Senti di avere grande padronanza? È Brahman ecc. È questo che è meraviglioso! Questo ti porta fuori dalla mente! Qui vedi come mente ed ego si dissolvono gradualmente, non è più una speranza lontana fuori dal tuo orizzonte; vedi come avviene la realizzazione man mano che divieni stabile nell’Abbandono al Brahman. C’è un tempo di maturazione che, giunti a questo punto, non è lungo: un anno, un anno e mezzo.
L’altro aspetto è che all’inizio è giusto fare delle sessioni di meditazione per immergersi più profondamente nel Brahman, ma la tua aspirazione dovrebbe essere di rendere la pratica ininterrotta. Ciò significa niente più dualità, solo il Brahman.
A volte si sente dire da realizzati o aspiranti avanzati: “Ormai la sadhana è diventata la vita”. Chi ascolta pensa che costui, dalla trascendenza della meditazione, sia ritornato da saggio alla vita quotidiana. Le cose non stanno così. È la vita quotidiana che è diventata la trascendenza assoluta del Brahman. C’è solo Brahman per il realizzato. Non c’è più differenza tra amore per gli altri esseri e devozione per il Divino. C’è solo e sempre il Divino: il Brahman.