— Caro Sergio, le parole che mi hai mandato mi stanno facendo molto riflettere. L’essenza e il centro di ciò che mi dici si riassume in una domanda fondamentale: è possibile promuovere un’azione tale che sia inegoica e non promuova karma? Mi viene in mente il Wu Wei (non-azione), ma una cosa venirmi in mente, una cosa realizzare. Quando trovi il tempo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi oppure come tu agisci. Grazie.
— Non c’è nessuna azione. È soltanto l’Intelligenza Superiore, la Shakti, a compiere azioni di sogno nel sogno cosmico della creazione. Il Sé, la Pura Coscienza, trascende la creazione, e anche se l’Intelligenza Superiore e la creazione sono fatte di Pura Coscienza (immanenza), il Sé non è coinvolto dalla creazione e dall’evoluzione di questa. Il Sé, perciò, non compie nessuna azione! È sempre beato in Sé medesimo e totalmente bastevole a Sé stesso.
Quando la Pura Coscienza si identifica con un io separato (l’ego), nasce il senso di essere il titolare delle azioni, e allora le azioni che l’ego compie producono dei frutti immediati e un karma che maturerà nel futuro. In genere il grosso del karma della vita presente matura nella vita successiva (sanchita karma).
Un realizzato, colui che si è identificato nell’eterno Sé, non produce alcuna azione: egli è totalmente abbandonato al Sé, al Divino. Dall’esterno sembra che compia tutte le azioni di una persona comune, ma in realtà ciò che muove la di lui forma a compiere azioni è l’Intelligenza Superiore. Lo Jnani vi è solo testimone, o addirittura può non rendersene per niente conto. Sri Ramana diceva che il Jivanmukta, il liberato mentre il corpo è ancora in vita, può agire mentre è in nirvikalpa, quindi come un sonnambulo; con la sola differenza che mentre il sonnambulo è nell’incoscienza del sonno, il Jivanmukta è fuso nella luce del Sé.
Ma cosa determina la vita apparente di un Jivanmukta? È il prarabdha, cioè il karma passato che si sta maturando nel presente, e tale karma include l’esistenza del corpo fisico del Jivanmukta. Quando questo prarabdha si è esaurito, il Jivanmukta torna ad essere Pura Coscienza disincarnata.
Quindi l’unico modo per essere nella Non-Azione e non produrre più karma (le conseguenze dell’azione) è identificarsi col Sé, che è esattamente ciò per cui stai praticando.
Ora vediamo se la tua pratica può essere facilitata. Io comprendo molto bene quando dici che pur avendo capito intellettualmente che l’io personale è un’illusione credi ancora che possa esservi per lui una qualche realizzazione. Va bene, la sadhana non è altro che il tempo necessario per smantellare tutte le identificazioni umane. Però… dev’essere proprio solo il dolore a far crollare quel credo erroneo? Si può fare qualcosa per accorciare almeno un pochino questo tempo di dolore? Lo studio dello Yoga Vasistha può accorciarlo un pochino? La Genesi riportata nei vari capitoli dello Yoga Vasistha, che io trovo essere la Genesi più bella e chiara, può aiutarti a comprendere prima? Cos’altro si potrebbe fare per facilitare la comprensione e accorciare il tempo di dolore necessario per far crollare quel falso credo?
IL CONCETTO DI KUNZHI
Potrebbe sorgere la domanda: «Com’è possibile dire che Lakulisha è la 28esima incarnazione di Shiva? O Shiva non era illuminato e per questo si è reincarnato, oppure, se si pensa che Shiva fosse illuminato e quindi identificato con l’Assoluto, Shiva stesso non dovrebbe più esistere; in tal caso come si può asserire che Shiva si sia reincarnato?». Da qui in poi dirò sulla base di ciò che ho studiato, non in base alla mia conoscenza diretta.
Il paradigma dell’Advaita Vedanta che considera che il Jiva (l’anima individuale) sia un’illusione e che solo l’Assoluto sia reale, non ci fornisce una risposta. Tuttavia vi sono altri paradigmi e tra questi quello dello Dzogchen. Lo Dzogchen considera il Kunzhi universale (l’Assoluto) e il Kunzhi individuale (l’anima individuale). Quest’ultimo è perfettamente uguale all’Assoluto e perfettamente uguale a tutti gli altri Kunzhi, ma è individuale e al tempo stesso non duale.
Secondo questo paradigma non esiste soltanto l’oceano, ma anche tutte le gocce, che sono perfettamente identiche all’oceano e a tutte le altre gocce, e quindi sono al tempo stesso individuali e non duali.
Lo Dzogchen infatti non si occupa affatto dell’Assoluto, ma di risvegliare pienamente il Kunzhi individuale.
Attenzione però a non credere che il Kunzhi individuale sia l’io personale o ego. Il Kunzhi individuale è pura Coscienza e trascende completamente l’io personale e le forme. Quindi dal punto di vista della sadhana per la liberazione (qualsiasi essa sia) non cambia nulla. L’unica differenza è che, sul piano filologico, il concetto di Assoluto individuale e non duale darebbe un senso all’asserzione che Shiva si sia reincarnato 28 volte.