Sri Ramana Maharshi, dal discorso 81
Il dottor Bernard Bey, un chimico americano che negli ultimi vent’anni s’è interessato al Vedanta, è venuto in India a trovare il Maestro. Chiede: “Come si deve praticare abhyasa (la concentrazione della mente su un solo punto)? Sto cercando di trovare la Luce”.
M. – Qual è stato il vostro abhyasa finora?
D. – Mi concentro sulla base del naso, ma la mente continua a vagare.
M. – Esiste la mente?
Un altro devoto: “La mente è solo un aggregato di pensieri”.
M. – A chi vengono i pensieri? Se cercate di localizzare la mente, essa svanirà e resterà soltanto il Sé. Ed essendo solo, come si può parlare di concentrazione su un punto o altro?
D. – È difficile capire! Se viene insegnato qualcosa di concreto, si può capire facilmente. Japa, dhyana, ecc. sono più concreti.
M. – ‘Chi sono Io?’ è il japa migliore. Cosa potrebbe essere più concreto del Sé, che in ogni momento è alla portata dell’esperienza di tutti? Perché cercare d’afferrare qualcosa di esterno, tralasciando il Sé? Che ognuno cerchi di scoprire il Sé conosciuto, invece di cercare qualcosa di sconosciuto al di fuori.
D. – Dove devo meditare sull’Atman? Su quale parte del corpo mi devo concentrare?
M. – Il Sé deve manifestarsi. Questo è quanto è necessario.
D. – Come distogliere la mente dal mondo?
M. – Esiste il mondo? Intendo dire, esiste separato dal Sé? Forse il mondo dice di esistere? Siete voi a dire che il mondo esiste. Scoprite il Sé che dice ciò.