G. (che ha partecipato al Ritiro di Alessandria): — Tornata a casa, ho trafficato in giardino. E l’IO c’era [non intende l’ego, l’io individuale, ma il vero IO che è puro essere-consapevolezza universale, trascendente e immanente, manifesto e immanifesto; lei ha lavorato sul koan: ‘porta tutta la tua attenzione all’io’]. Non solo, era anche lo sguardo. Un grande abbraccio…
Finito ora la meditazione. C’è una follia così piacevole, meglio dire esaltazione… Non sarebbe bello se Roberta tenesse un Ritiro per noi liguri già toscanati? Love…
Sergio: — Quella ‘follia’ è la classica gioia di Turiya: “Gioia gioia gioia sempre nuova gioia” ripete un celebre cant9o devozionale di Yogananda. È incontenibile…. Swami Kripalu si getto in un fiume in piena monsonica così tanto ebro di Dio. In seguito si calma è diventa Pace incrollabile che è il ‘corpo’ del Sé.
Roberta non guida Ritiri di autoindagine. Non basta essere illuminati per guidare un’auto, bisogna sapere anche come funziona un’automobile; così è per il Ritiro Intensivo di Autoindagine, non basta essere realizzati, bisogna anche conoscere come guidarne uno. Però tu puoi entrare in relazione con Roberta quando vuoi.
Sei nel mio cuore
L’esperienza di Kripalu:
Nel Fiume Narmada
«Qualsiasi cosa Dio mi conduce a fare attraverso il corpo, la mente, l’intelletto e la coscienza, io voglio farla. Sia la Sua volontà!»; queste sono le parole di un vero devoto. Egli si è liberato di tutti i suoi desideri eccetto quello di realizzare Dio; allora Dio stesso si prende carico delle sue azioni. Questo è un vero stato di grazia.
Alla fine io fui benedetto dalla grazia di conoscere l’esperienza profonda della resa. Da molti anni praticavo la mia sadhana fedelmente ed ero spesso trasportato da stati di beatitudine. Una notte, ebbro di Dio, corsi fuori dalla mia capanna e mi tuffai nel fiume Narmada. Essendo la stagione dei monsoni, il fiume era in piena e la corrente era fortissima. Resomi conto del pericolo cominciai a lottare contro la forza del fiume, ma inutilmente. Allora ebbi paura di affogare e con tutte le forze che avevo a disposizione continuai a nuotare febbrilmente, ma la corrente era molto più forte e mi sopraffaceva. All’improvviso sentii una voce che mi gridava: «Smetti di nuotare», ma io continuai a nuotare sperando di salvarmi. Di nuovo la voce gridò: «Smetti di nuotare». Allora la riconobbi: era la voce di Dadaji. Dadaji mi stava insegnando la resa! A quel punto mi arresi e abbandonai ogni tentativo di resistere. Immediatamente sentii il corpo galleggiare e seguire la corrente senza alcuno sforzo. Era la Grazia di Dio che mi portava! Spontaneamente cominciai a cantare una preghiera: Om namah shivaya gurave sacchidananda murtaye namastasmai nama-stasmai namastasmai, namo namaha, che vuol dire: «Mi arrendo a Te, oh Signore Shiva, mio Guru, nella forma di beatitudine, coscienza, e verità. Mi inchino davanti a Te, mi inchino davanti a Te, mi inchino davanti a Te».
Anche di fronte alla morte, continuavo a cantare quella preghiera. Parecchi chilometri più a valle finalmente fui tratto in salvo. Molti abitanti del villaggio erano accorsi e mi avevano seguito lungo la riva cercando il punto più adatto per ripescarmi; c’era grande emozione tra di loro. Con mia grande sorpresa un gran numero di uccelli pea-rocks si raggrupparono a cerchio intorno a me, come a proteggermi. Era insolito vedere tanti uccelli sacri riunirsi deliberatamente. Allo stesso tempo una vacca si staccò dal branco e venne a sedersi accanto a me come per offrirmi conforto. Stordito ed esausto, non mi sarei mosso da lì, non fosse stato per l’intervento di un mio astuto discepolo che a un certo punto esordì: «Gurudeva è l’ora della vostra sadhana»; allora, obbediente, permisi che mi riportassero alla mia capanna.
P.S. – Hai fiumi in piena monsonica vicino casa?…