Sri Ramana Maharshi, Discorso 314
[Le note tra parentesi quadre sono di Soham]
Nelle risposte di ieri, Sri Bhagavan ha detto che nel sonno profondo il Sé è Pura Coscienza; ha indicato inoltre il Sé presente nella transizione dal sonno alla veglia come ideale per la realizzazione. Ora gli si chiede di spiegare di nuovo lo stesso concetto.
M. – Nel sonno profondo il Sé è Pura Coscienza. Nello stadio di transizione tra sonno e veglia si evolve in aham (io) senza idam (quello) [l’Io puro senza corpo e senza il mondo degli oggetti]. Nello stato di veglia si manifesta come aham (io) e idam (quello).
L’esperienza individuale è possibile solo attraverso l’aham. L’individuo deve dunque mirare alla realizzazione seguendo la via indicata (cioè, per mezzo dell’Io di transizione fra gli stati di sonno e veglia o viceversa), altrimenti l’esperienza del sonno non ha alcun significato. Se si realizza l’Io di transizione, si trova il sostrato che conduce alla meta finale.
Si dice anche che il sonno sia uno stato d’ignoranza (ajnana). Questa idea è relativa alla falsa conoscenza che prevale nello stato di veglia. Lo stato di veglia è realmente ignoranza (ajnana) e lo stato di sonno è piena Conoscenza (prajnana).
La Sruti afferma che prajnana (piena conoscenza) è Brahman. Brahman è eterno. Colui che fa l’esperienza del sonno è chiamato prajna. Egli è il prajnanam [la più elevate conoscenza spirituale] in tutti e tre gli stati di veglia, sogno, e sonno. Il sonno ha un significato particolare perché in quello stato il prajnanam [che non incontrando ostacoli mentali può risplendere pienamente] è pieno di conoscenza (prajnana-ghana).
Che cos’è ghana?
Nella vita vi sono jnana (conoscenza) e vijnana (falsa conoscenza), che operano congiuntamente in tutte le nostre percezioni. Vijnana nello stato di veglia (jagrat) è falsa conoscenza, cioè ignoranza (ajnana), che coesiste sempre con l’individuo [che è esso stesso illusorio]. Quando vijnana diventa ‘chiara conoscenza’, è Brahman. Quando la falsa conoscenza è totalmente assente, come durante il sonno, il Sé rimane soltanto puro prajnana [pura suprema conoscenza]. Questo è prajnana-ghana.
L’Aitareya Upanishad dice che prajnana, vijnana, ajnana e samjnana sono nomi differenti di Brahman [in quanto tutto è Brahman]. Essendo Brahman fatto solo di conoscenza, come se ne può fare esperienza? L’esperienza presuppone il vijnana (falsa conoscenza) [cioè, per avere l’esperienza vi è bisogno di un io testimone].
Per questo, se si vuol avere l’esperienza di prajnana-ghana, bisogna servirsi del ‘Io puro’ dello stadio di transizione. L’io dello stato di veglia è impuro e non può servire a tale esperienza. Da qui la necessità di far ricorso all’Io puro dello stadio di transizione. Come pervenire a realizzare questo ‘Io puro’? Il Vivekachudamani di Sri Adi Shankara dice: “Egli risplende eternamente nell’involucro dell’intelletto (vijnana kosha)”.
Il Tripura Rahasya ed altre opere sacre sottolineano che nell’intervallo tra due sankalpa (pensieri, idee) consecutivi vi è il puro aham (Io). Aggrappandosi al ‘puro Io’, bisogna avere come meta prajnana-ghana (la piena Coscienza), e nello sforzo è presente anche la vritti. Tutti questi elementi occupano il loro rispettivo posto e nello stesso tempo conducono alla realizzazione.
Nel Vivekachudamani il puro Sé viene descritto al di là di asat [non-essere], cioè differente da asat. In questo caso asat è l’ ‘io impuro’ dello stato di veglia. L’espressione asadvilakshana significa Sat, cioè il Sé dello stato di sonno profondo. Questi è considerato differente da sat e asat [che sono due opposti dello stesso piano di coscienza]. Asadvilakshana è anche asesha sakshi: il testimone che vede tutto.
Se il Sé del sonno profondo è puro, come se ne può fare l’esperienza con l’io impuro? Un uomo svegliandosi dice: “Ho dormito bene”. Egli ha fatto un’esperienza felice, altrimenti non potrebbe parlare di una cosa che non ha sperimentato. Come ha fatto a provare felicità nel sonno se in quello stato il Sé è puro? Chi è che parla di quell’esperienza al risveglio? Colui che parla al risveglio è il vijnanatma (il sé ignorante) che parla del prajnanatma (il puro Sé).
Com’è possibile? Forse il vijnanatma era presente nel sonno profondo? L’affermazione d’aver provato felicità nel sonno fa dedurre che era presente, ma come? Certamente non come nello stato di veglia. Era lì in maniera molto sottile. Il vijnanatma (il sé ignorante) estremamente sottile fa l’esperienza della felicità del prajnanatma (il puro Sé), per mezzo della modalità di maya [io testimone più oggetto testimoniato nello stato unitivo; come in savikalpa samadhi, ma qui l’unico oggetto è il Sé]. È come i raggi di luna visti sotto i rami, le fronde e le foglie di un albero. Il sottile vijnanatma sembra apparentemente estraneo al palese vijnanatma dello stato di veglia.
Perché dobbiamo ammetterne l’esistenza nel sonno? Perché non negare semplicemente il senso di felicità che si prova nel sonno e liquidare il problema?
No. L’esperienza della felicità provata nel sonno non può essere negata, perché tutti desiderano dormire bene e preparano un bel letto per godere di un buon sonno.
Questo ci porta a concludere che il conoscitore, la conoscenza e l’oggetto conosciuto sono presenti in tutti i tre stati [di veglia, sogno e sonno], anche se fra essi vi sono grandi differenze nella sottigliezza [dell’io testimone]. Nello stato di transizione tra sonno e veglia, l’aham (io) è puro in quanto idam (quello) è soppresso e aham predomina.
Come mai in questo momento non realizzate l’ ‘Io puro’ e nemmeno lo ricordate? Perché non l’avete conosciuto. Il ‘puro Io’ può essere conosciuto solo se percepito coscientemente. Perciò compiete lo sforzo di conoscerlo coscientemente.
[Essere il puro Sé durante il sonno profondo non produce progresso spirituale, altrimenti poiché tutti passano attraverso il sonno profondo, tutti sarebbero realizzati. Per ottenere la realizzazione bisogna conoscere il Puro Io coscientemente].