La grazia del guru

I ricercatori che non sono in gradi di rispettare e seguire un Maestro, non sono ancora pronti a calcare la via spirituale. A insegnar loro dovrà essere ancora la sofferenza della vita. Allora, quando ne avranno avuto abbastanza, la loro arroganza si sgonfierà e addiverranno a più miti consigli. Queste persone si fregiano spesso di essere allievi di grandi Maestri morti; in realtà non lo sono affatto e interpretano quegli insegnamenti ad uso e consumo del loro ego.

Io non mi sto riferendo a tutti quelli che non hanno un Maestro in carne ed ossa. Io ad esempio non ce l’ho. A un certo punto della via il maestro esterno scompare ed è il Sé a guidarti. Comunque, ad evitare trappole della mente, si dovrebbe avere sempre un  Maestro come riferimento – io mi riferisco sempre a Sri Ramana Maharshi. La differenza sta nel fatto che io non ho mai mancato di rispetto ai miei maestri esterni, anche quando mi sono reso conto che erano inadeguati o addirittura degli impostori.

In verità, poiché il vero Maestro è il Sé, è la “fede” dell’allievo nel Guru ciò che concede la Grazia, anche quando il Guru non fosse dotato di grande saggezza – l’importante è che non dia delle indicazioni fortemente fuorvianti.

Vi è una parabola cinese che illustra questo. Ve la riepilogo brevemente:

Un montanaro scende a valle e si reca nel vicino villaggio a chiedere se vi fosse un maestro spirituale in gradi di guidarlo alla liberazione. Vengono informati il sindaco e la sua perversa consorte. Ella suggerisce al marito di utilizzare quell’ingenuo come sevo. Quindi lo accolgono, gli dicono di essere in grado di indicargli la via per la liberazione, ma a condizione che lui li serva per 20 anni. Il montanaro accetta e ringrazia pieno di gioia. Trascorsi i 20 anni il montanaro si reca dalle sue “guide” e chiede che gli indichino come raggiungere la liberazione. I due rischiano lo svergognamento. Allora la malvagia moglie ha un’idea. Dice all’uomo di arrampicarsi su un albero altissimo e poi di lasciarsi cadere pieno d’amore e fiducia, e quello l’avrebbe liberato per sempre. In realtà i due si aspettano che muoia… Il fidente si arrampica sul ramo più alto e poi si lascia cadere, ma con grande stupore dei due manigoldi non cade, ma galleggia nell’aria. Sempre così sospeso si avvicina alle sue “guide”, si inchina devotamente e li ringrazia per averlo liberato. Quindi svanisce nell’azzurrità del cielo… Chiaro, no?  “La tua fede ti ha salvato”…

Le seguenti parole di Nisargadatta Maharaj, “tratte da “Prior to Consciousness”, come scolpite su pietra chiariscono appieno la dinamica con la ben nota essenzialità del grande Maestro:

Domanda: Vorrebbe Maharaj parlare della grazia del Guru?

Maharaj: È l’intensità della fede nelle parole di Guru la cosa più importante. Quando c’è la vostra fede, la grazia scorre automaticamente. La fede nel Guru si basa sulla coscienza interiore, è fede in se stessi. L’amore per l’essistenza ‘Io Sono’ sta cercando di indirizzarvi verso un livello superiore. Ciò che dura è questo amore per il Sé, su cui sono stati costruiti i templi. È la Coscienza Cristica che continua a essere. Si tratta della fede in un uomo? Come uomo Cristo è stato crocifisso, ma la Sua coscienza universale vive ancor’oggi.

D: C’è un modo per liberare ed elevare questo amore?

M: È una vritti (modificazione mentale), è parte del processo. Esistono varie azioni, pratiche ecc. Anche nella vita di tutti i giorni vi sono dei procedimenti, non lo è forse la puja (adorazione) di questa coscienza?

D: Maharaj sta parlando del tipo di amore che trascende la coscienza stessa?

M: La brezza che viene dalla coscienza universale è ciò che mantiene in vita gli altri tipi di amore. La maggior parte delle persone limita il proprio amore a un individuo.

D: Come ci si può espandere nell’amore universale?

M: Comprendi il falso come falso, è tutto quello che puoi fare; tu non puoi cambiare una cosa in un’altra.

D: Non perde l’amore la sua vitalità quando perde il suo oggetto?

M: Tu stai chiedendo dal livello del corpo, non stai tornando al tuo stato prima che il corpo venisse all’esistenza. Prima che la parola “amore” entrasse, TU sei, prima di questa identificazione col corpo. Tu devi recedere a Quello.

Da quando ho trovato il mio vero stato permanente, non ho bisogno di niente di tutto questo [il corpo]; quindi sto solo aspettando che vada. In questo stato di pienezza non c’è alcun bisogno. Io ho avuto questo stato di pienezza dopo aver incontrato il mio Guru. Se non l’avessi incontrato, sarei vissuto e morto come un uomo.

La mia associazione col mio Guru durò appena due anni e mezzo. Egli risiedeva a circa 200 chilometri di distanza, e veniva qui una volta ogni quattro mesi per restavi una quindicina di giorni. Questo stato vero e permanente ne è il risultato. Le parole che mi disse mi hanno toccato profondissimamente. Io restai fermo solo su una cosa: le parole del mio Guru sono vere, e Lui mi ha detto: “Tu sei il Parabrahman”. Niente più dubbi, niente più domante su questo. Una volta che il mio Guru mi trasferì quello che aveva da dirmi, io non mi sono mai più preoccupato d’altro: aderii alle parole del Guru.

So esattamente cos’è lo stato presente delle cose e quanto sia transitorio; e conosco anche lo stato eterno. Non so che farmene di questo stato effimero.

[…] M: L’attuale generazione di indiani sta inseguendo il modello occidentale che ha sviluppato molto l’aspetto materiale. Essi non sono interessati alla spiritualità. Vogliono seguire lo sviluppo scientifico occidentale, e imitate voi. Poiché “Io sono Quello” è accreditato da Maurice Frydman, essi lo leggeranno; i libri di Jean Dunn saranno anche più significativi.