Sergio — A., il fatto che dici di avere difficoltà a esprimerne a parole le tua esperienze può diventare un vero problema! La comunicazione delle proprie esperienza al maestro, sia negative (barriere e altri contenuti mentali), che positive (realizzazioni spirituali) è fondamentale. QUESTA COMUNICAZIONE CREA COSCIENZA! Ti invito a ricordare che non è l’esperienza in sé a illuminare, ma la corretta comprensione della stessa.
La difficoltà che denunci NON È REALE. È relativa a te, perché probabilmente non sei abituato a farlo. Io ho praticato una meditazione diadica in cui si meditava su un koan. Il partner che meditava faceva la tecnica e poi comunicava al partner che lo ascoltava l’esperienza che di volta in volta aveva come risultato del tentare di penetrare il koan. Quindi mi sono abituata a descrivere le mie esperienze spirituali nei minimi particolari, non sfuggiva una virgola. Come risultato quando guardo dentro è come se avessi un microscopio.
Al contrario, se non sei in grado di far questo, procedendo nella pratica accumulerai una serie di malcomprensioni e comprensioni parziali. Aggregandosi queste finiranno per formare un tampone di inconsapevolezza relativa, che si opporrà come barriera alla limpidezza della coscienza delle tue esperienze spirituali.
Sforzati a descrivere le tue esperienze psichiche. Annota su un diario quando ti appaiono di volta in volta alla coscienza e riportami tutto.
Finora stai procedendo bene. NON PRENDERE SOTTO GAMBA QUESTO AVVERTIMENTO!
A. — Con che frequenza mandarti dei report?
S. — Si parte da due a settimana a una frequenza più bassa se non hai da dire. Se hai urgenza di comunicare qualcosa invia subito il messaggio.
A. — La possibilità di poter finalmente seguire queste tue indicazioni ha fatto sorgere una gioia rara e dolcissima che era molto attesa”.
S. — Ottimo!
A. — Ho tanto bisogno di deporre il mio cuore nelle mani del Divino. Mi sembra ci sia un equilibrio delicato. Non so quanto posso mettere nelle mani del Divino. Vorrei liberarmi di tutto”.
S. — È giusto il tuo desiderio di liberarti di tutto. Tutto va dato nelle mani del Divino. Samadhi è sinonimo di Abbandono al Dio. Chi è liberato è Totalmente Abbandonato a Lui. Però quando si parla alle persone comuni di abbandono al Divino, esse pensano di dover fare qualcosa di esteriore e sono incerte su cosa dovrebbero fare. Chiariamo questo punto. Se conduci una vita non etica, quindi non in armonia col tuo vero Sé, dovrai necessariamente cambiarla. Faccio il killer della mafia, ho una conversione, dovrò cambiare totalmente la mia vita esteriore. Se invece conduci già una vita etica, farai più o meno le stesse cose di prima e il cambiamento sarà soltanto interiore. Sergio si alza al mattino, va in bagno, fa le sue abluzione e tutte le altre cose che fanno le persone normali. La differenza è interiore: Sergio rimane nel Sé, sente di non andare da nessuna parte, che niente sta avvenendo, e testimonia questo personaggio che deve fare tutte queste cose perché si ritrova un corpo fisico.
Quindi cosa dire a chi inizia ad abbandonare la propria vita al Divino? Non è una questione di trovare l’equilibrio tra cosa abbandoni a Dio e cosa tieni per l’ego. La questione è che hai bisogno di ‘capire’ cosa significa abbandonare la propria vita al Divino. Ciò lo si ottiene facendo tentativi e mantenendo aperto un dialogo col maestro. Se non si ha un maestro, attraverso tentativi e la Grazia di Dio.
A. — Durante il giorno e la sera, a volte di notte, ascolto o guardo audio e video di maestri di Advaita… Mi sembra che oltre all’amore che provo, ho bisogno anche di quelli perché il più delle volte mi arriva pace, serenità, leggerezza, distacco.
S. — Eccellente. Questo è fondamentale. Non te l’ho detto subito per non ingolfarti di informazioni. Si chiama Satsangha, stare vicino ai Saggi. Il mondo attuale ci porta verso la materia, sentimenti negativi e verso l’identificazione coi corpi e l’ego. Si ha bisogno di un contatto con esseri che vivono la Verità per ricaricare la nostra Purezza interiore! Anche leggere le scritture è importante. La Bhagavad Gita, il Vivekachudamani di Shankara, lo Yoga Vasistha e altre. Non vanno lette tutte d’un fiato come un giallo. Vanno ponderate poche frasi per volta. Anche questo è Satsangha.
A. — Senz’altro ora comincerò ad annotare le mie esperienze psichiche.
S. — Se appare una barriera o un’incomprensione riguardo la tua sadhana, e tu fai spallucce e la bypassi, quel contenuto andrà ad aggiungersi a quel tampone di cui ho parlato prima. Jnanananda, allora Monica, aveva una comunicazione relativamente bloccata. Nonostante ciò, per quanto riguardava la propria pratica spirituale, le sue samskara come aspirante molto elevato nelle vite precedenti hanno prevalso sui limiti di comunicazione della sua personalità presente. Non c’era una virgola che apparisse come apertura spirituale o barriera, che non sviscerava completamente con me con il massimo zelo.