I koan di norma si esauriscono: ‘Che cos’è il MU?’, ‘Qual è il tuo volto originario prima che tua madre nascesse?’… O i nostri koan: ‘Che cos’è la vita?’, ‘Che cos’è l’altro essere?’…
Ma ‘Ama ciò che appare nella tua coscienza’ non si esaurisce!
Praticandolo intensamente, come a un Ritiro, l’aspirante raggiunge il Sé. Una volta raggiunto il Sé ogni sadhana cessa: si rimane nello stato naturale, che è autofocalizzato senza sforzo.
Perciò bene ha fatto Gian al Ritiro di Renato. Ha meditato un giorno con ‘Ama ciò che appare nella tua coscienza’ e quando si è centrato nel Sé (o lo lambiva) si è fatto assegnare il koan ‘Stai nell’essere’, congruente col suo stato di quel momento.
Tuttavia, quando poi si esce dal Ritiro e la propria centratura si ‘raffredda’, si dovrebbe riprendere la pratica di ‘Ama ciò che appare nella tua coscienza’.
Se ci si centra facilmente, l’ideale è usare un koan come ‘Stai nella consapevolezza’ o nell’Essere, nella Presenza, nel Momento Presente durante la meditazione formale, e riprende ‘Ama ciò che appare nella tua coscienza’ nella vita quotidiana. Deve diventare spontaneo e condurre alla Parabhakti (l’Amore Divino).
Per bhakti non intendo manifestazioni esteriori tipiche di un carattere bhakta, intendo lo stato interiore! Ad esempio l’amore profondo di Sri Ramana che raccoglieva il granello di senape caduto perché ‘è amore di Dio’.