— Comunque questo Kriya Yoga ha un limite. L’insegnante diceva che, dopo che era stata una settimana all’ashram, nei giorni successivi non voleva più andare a lavorare. Allora Hariananda la chiamava al mattino e le diceva “stai andando al lavoro?”.
— Io, ahimè, l’ho avuto sempre questo problema; non volevo andare a lavorare anche quando non mi occupavo di spiritualità
— Il nirvikalpa del Kriya Yoga è diverso da quello dell’Autoindagine?
— Hai studiato quello che Sri Ramana dice a riguardo? Un aspirante che pratica da sei anni dovrebbe aver imparato a studiare almeno i testi sacri della propria scuola, ponderandoli bene. Poi se non gli è chiaro qualcosa può chiedere all’insegnante, ma non saltare su con domande che potrebbe fare chi non ha la più pallida idea di cosa sia una sadhana.
— Comunque penso che il kriya abbia delle tecniche per entrare in samadhi, ma probabilmente non le spiegano nei primi livelli…
— Parli del samadhi come fosse un attrezzo che vai a comprarti in ferramenta. IL SAMADHI SEI TU!!! Sri Ramana diceva che samadhi e realizzazione sono la stessa cosa. Sri Atmananda invece non amava parlare di samadhi in quanto trovava che sarebbe stato pleonastico. Stare nel Sé è già samadhi!
Negli Aforismi sullo Yoga, Patanjali dice: “Yoga Chitta Vritti Nirodha”.
Vuol dire “Lo yoga (il samadhi, lo stato unitivo) emerge dall’estinzione delle modificazioni mentali (cioè dall’estinzione delle vasana)”.
Nello Zen lo stato privo di vasana si chiama Hishiryò. Quando la mente si quieta, Dio, il Sé, appare da solo, non devi produrlo tu con una performance.
Ma se uno ha una mente che salta continuamente da una vasana all’altra come una scimmia impazzita non c’è tecnica che gli concederà il samadhi.