Il ‘Vero Io’ è non localizzato, non personale ma universale, non ha niente a che vedere col corpo, con la mente e col mondo (che è una proiezione della mente), è quindi l’Unica Realtà, non ha bisogni perché è pago di Sé stesso, ed è insieme Puro Essere e Pura Coscienza.
Quando portate l’attenzione alla sensazione di ‘io’, nella vostra mente si forma immediatamente un’immagine di voi stessi. Questa immagine è il risultato dell’identificazione del Principio-Io, il vero voi, con il corpo e la personalità.
Continuando l’autoindagine a un certo punto sfonderete, anche solo per un istante, la barriera del pensare di essere una persona e vi fonderete col Principio-Io; allora avrete un’esperienza diretta, vale a dire un’esperienza non-duale.
All’inizio le esperienze dirette sono come esplosioni di soli. La gioia è senza limiti e l’aspirante piange, ride ecc. Bisogna comprenderlo: egli passa improvvisamente dall’identità del povero cristo a quella di Dio… Col tempo però l’aspirante individuerà subito il ‘vero Io’ percependolo come Pace e Immutabilità, e quando la mente si fonde con Esso viene inondata di beatitudine. Lo stato che ne consegue viene chiamato ‘Essere-Coscienza-Beatitudine’, in sanscrito ‘Sat-Chit-Ananda’.
Da qui in poi la barriera è costituita dall’accettare che il mondo, inteso come fenomenalità duale, non esiste. Quando si legge “È nel mondo ma non è del mondo” sembra un’ottima cosa, ma quando tocca a se stessi può far paura: sembra di precipitare in una desolata aridità. Se l’aspirante ha fatto pratica bhakti prima dell’autoindagine sarà più facile superare questo scoglio. Perseverando comunque la Grazia arriverà.
Chi pratica solo Jnana, mantiene al lungo il senso di essere colui che fa: lui è quello che ha le esperienze dirette, lui è il Sé testimone ecc. Chi pratica Bhakti invece sente che è l’amore infinito di Dio la corrente che lo conduce lungo il fiume delle sua sadhana, per cui quando arriva al punto di dovere accettare che il mondo fenomenico non esiste, non vive una grande drammatizzazione. Ma anche Bhakti ha bisogno di Jnana, perché per arrivare al livello che ho detto il bhakta deve conoscere il Sé. Se si studiano i grandi Jnani: Ramana, Atmananda, Nisargadatta… si vede che tutti loro hanno una grandissima devozione, anche se non parlano di Bhakti.
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